Damnatio memoriae Druso!
Tra
le sculture marmoree della ex collezione comunale del museo di Centuripe, con
numero d’inventario ka792, fa mostra di sé un busto marmoreo che, a differenza di altri ritratti, quasi tutti
provenienti dall’area degli augustali, è sempre rimasto a casa, a Centuripe. Gli
altri ritratti, vuoi per l’intraprendenza di alcuni centuripini, vuoi per
l’intraprendenza delle autorità, si sono dispersi in molteplici direzioni.
Qualcuno di essi ogni tanto ritorna, ma poi se ne parte di nuovo.
Questo ritratto, le cui dimensioni sono H:mt.0,39; L:mt.0,20; volto H:mt.0,25, invece è ormai da un secolo visionabile a Centuripe, forse perché parecchio rovinato e quindi non all’altezza(!) degli interessi più vari; infatti risulta difficile l’attribuzione certa ad un particolare personaggio. Ma siccome il presente testo non ha la pretesa di essere un contributo scientifico, cercheremo liberamente di formulare qualche ipotesi e capire se siamo di fronte ad un unicum.
Le descrizioni degli studiosi, che sin qui si sono occupati del ritratto, accennano alle notevoli scheggiature e alle abrasioni che lo caratterizzano, ma mai è stata mossa una ipotesi sul perché della loro presenza.
Senza
girarci troppo intorno, quelle inferte sul ritratto marmoreo sembrano delle
vere e proprie martellate; un vero e proprio accanimento, su quel volto, a
furor di pesanti martellate. Non si spiega altrimenti la sparizione del naso,
della bocca, delle orecchie, del mento, dello zigomo sinistro, delle arcate
sopraccigliari e infine la sbozzatura della massa dei capelli; quasi per
rendere, da un lato, irriconoscibile quel volto e, dall’altro, perché no,
favorirne il riutilizzo in qualche nuova opera muraria. La parte posteriore del
ritratto, infatti, conserva indelebile una ampia traccia di legante o malta, a
testimonianza di quale sia stato l’utilizzo ultimo del manufatto, così rimodulato
e rabberciato.
Queste operazioni sembrano, di fatto, il
risultato conseguente a una “Damnatio memoriae”, di cui sia andata perfino persa la
traccia storica dagli annali.
Damnatio memoriae significa letteralmente "condanna della memoria", ed era nel
diritto romano una pena, riservata soprattutto ai traditori del Senato,
consistente nella cancellazione di qualsiasi traccia riguardante una
determinata persona, come se essa non fosse mai esistita. Molto in voga durante
il periodo imperiale; i beneficiari sono stati innumerevoli. Resta da capire chi fosse questo personaggio
e di cosa si sia reso colpevole per suscitare così tanto risentimento, odio e accanimento?
2 - Una gioiosa
dinastia imperiale
I
primi cinque imperatori romani provengono tutti dalla dinastia Giulio-Claudia:
Ottaviano Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone. Ma nel gioco delle
successioni, come in un risiko, rientrano una molteplice quantità di parenti e
di “potenti”, che a una prima lettura possono essere motivo di ubriacatura anagrafica;
poi infine diventa tutto romanzo d’appendice, color rosso sangue.
Incastrati
nella vicenda vi sono i tre Drusi: Druso Maggiore fratello di Tiberio, Druso
Minore figlio legittimo di Tiberio e Druso Terzo, secondo figlio maschio di
Germanico, a sua volta figlio di Druso Maggiore.
Ma
andiamo con ordine. Il 4 d.C. Germanico, ormai da tredici anni orfano del padre
Druso Maggiore, viene adottato, su disposizione di Augusto, da Tiberio,
diventando così il più serio candidato alla successione imperiale. Lo stesso
anno vede inoltre l’unione tra Germanico e Agrippina Maggiore, unione da cui sarebbero
nati nove figli, due deceduti appena nati, un altro deceduto da infante, e gli
altri: Nerone Cesare, Druso Terzo, Gaio Cesare conosciuto anche come Caligola,
Giulia Agrippina, Giulia Livilla e Giulia Drusilla.
Il 14 d.C. muore
Augusto e Tiberio, che ha già 56 anni, diventa il nuovo imperatore di Roma. Il
19 d.C. Germanico, che si trovava ad Antiochia, si ammala e muore, non prima di
aver confessato ad Agrippina Maggiore, la fedele moglie che lo seguiva sempre
nelle campagne al fronte, la propria convinzione che era stato fatto avvelenare
da Tiberio; probabilmente per favorire il figlio legittimo Druso Minore nella
successione al trono. Intanto, nel gioco politico delle successioni, avanza la
propria candidatura il potente prefetto Seiano, amico e consigliere di Tiberio,
che decide intanto di colpire il successore diretto Druso Minore corteggiandone la moglie Livilla fino a portarla all’adulterio e corrompendo
Ligdo lo schiavo fedele di Druso Minore che somministra al suo padrone un lento
veleno che lo porta infine alla morte nel 23 d.C.. L’imperatore Tiberio si trova
quindi costretto a cercare il proprio successore tra i figli di Germanico, ma
Seiano, assetato di potere, è ancora li pronto a colpire il prossimo erede.
Infatti
dal 26 d.C. tutta la famiglia di Germanico inizia ad essere perseguitata da
Seiano con la complicità del mandante Tiberio. Nel 27 d.C. Agrippina Maggiore e
Nerone Cesare (non il futuro imperatore), suo primogenito, sono accusati di
tramare contro Tiberio. Il prefetto Seiano riesce anche a convincere anche il
secondo figlio di Agrippina Maggiore, Druso Terzo, istigando la sua invidia
verso il fratello Nerone, favorito della madre Agrippina, a rivoltarsi contro di
essi.
Nel
29 Nerone e sua madre Agrippina Maggiore furono processati, imprigionati ed
esiliati. Nei primi mesi del 31 Nerone Cesare muore, forse suicidato da Seiano. Tiberio, nomina quindi
Druso Terzo suo erede, ma ciò non basta a
salvare il giovane dalla furia omicida del ministro, deciso a eliminare con
ogni mezzo tutti gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione dei suoi
progetti. Seiano usa ancora una volta l'arma della corruzione, e la sua nuova
vittima è Emilia Lepida la moglie di Druso Terzo. Emilia, cedendo alle lusinghe
di Seiano, accusa il marito d'ogni misfatto e nefandezza, compreso un tentativo
di sommossa armata. Druso viene arrestato e condannato sotto pesanti
imputazioni, raccolte da alcune spie che avevano avuto l'incarico di seguire i
suoi movimenti, di ascoltare i suoi discorsi e di registrarli in un apposito
diario. C'erano in quel diario tutte le sue imprecazioni contro Tiberio, le
accuse feroci e l'invocazione agli dèi perché facessero pagare al mostro
(Tiberio) tutti i suoi delitti. Druso Terzo, nel 33, ancora imprigionato, nelle
cantine del palazzo imperiale sul
Palatino, viene lasciato senza cibo. Al nono giorno di digiuno, dopo aver
tentato di sopravvivere divorando perfino il crine del pagliericcio, la sua
fibra cede e non scampa alla morte. Dopo la sua morte Tiberio fa esporre il suo
corpo in pubblico e infierisce senza alcuna pietà contro il defunto, presentandolo
come un depravato sessuale, carico d'odio verso i suoi e pericoloso nemico
dello stato. Non si ha certezza della pronuncia di damnatio memoriae in quella
drammatica circostanza, ma la violenza e la cattiveria del gesto compiuto da
Tiberio suscitano qualche sospetto in proposito. Basti sapere, come racconta
Svetonio, che i resti del giovane furono talmente dispersi, che sarà un’impresa,
in seguito, poterli raccogliere. Bisogna considerare inoltre che qualche resoconto,
da parte degli storici, contemporanei alla vicenda, è andato perduto.
Sarà solo l’intervento illuminato e
coraggioso di Antonia Minore, vedova di Druso Maggiore e nonna di Druso Terzo, che
riuscirà nell’arduo compito di fare rinsavire il crudele sanguinario e ormai rimbambito
imperatore Tiberio, fare perseguire e condannare il disonesto e corrotto prefetto
Seiano, e salvare così l’ultimo figlio di Germanico, Caligola, da quella
insensata carneficina.
3 – Damnatio memoriae, Drusus!
Il busto ka792, che è attualmente esposto presso il museo di Centuripe,
potrebbe essere un ritratto di Druso Terzo, il figlio di Germanico, ucciso a soli
25 anni, con crudeltà e disprezzo da Tiberio, e di cui è difficile trovare confronti
e riscontri.
Nella ritrattistica romana Druso Maggiore è molto presente e ne
conosciamo l’acconciatura e le caratteristiche somatiche. Dei tre figli maschi
di Germanico, Nerone Cesare, Druso III e Caligola, sappiamo quasi tutto; ma
solo Caligola vanta un repertorio molto numeroso di ritratti scultorei. Difatti
fu il terzo imperatore, succedette a Tiberio, quindi i suoi ritratti sono
ovviamente numerosi. Degli altri due figli di Germanico, considerata anche la
sorte alla quale andarono incontro per volontà di Tiberio, abbiamo un numero
irrisorio di ritratti. Sappiamo che i tratti somatici di Nerone Cesare,
soprattutto il naso erano simili al padre, Germanico, e la faccia era decorata
da una barba appena accennata sul perimetro del volto.
Uno splendido ritratto marmoreo in eccezionale stato di conservazione, attribuito
a Druso Germanico, è esposto al Museo Nazionale di Copenhagen. Fu ceduto al re di
Danimarca da Monsignor Capece Latro, arcivescovo di Taranto, ecclesiastico
antiborbonico, che si concedeva il lusso del collezionismo. Provengono, assieme ad un altro ritratto attribuito a
Germanico, anch’esso in eccezionale stato di conservazione, da Taranto; furono
rinvenuti con tutta probabilità nell’area dell’anfiteatro, che giace ancora sepolto.
Non a caso, i due bei ritratti di principi, sono esposti a Copenhagen l’uno
accanto all’altro.
Un altro busto, attribuito a Druso III, si trova a Grosseto presso il museo
archeologico e d'arte della Maremma, proveniente dall’area archeologica di
Roselle.
I due ritratti di Copenhagen e di
Grosseto, attribuiti entrambi allo stesso personaggio (Druso Germanico o Druso
III), oltre a non somigliarsi per niente, sembrano descrivere personaggi in età
più matura. Non bisogna dimenticare che gli ultimi tre anni di vita, per Druso
III, sono stati una tribolazione; quindi gli eventuali ritratti, che lo
rappresentino, dovrebbero risalire al 28-31 d.C. e dovrebbero descrivere il
volto di un giovane poco più che ventenne.
Queste attribuzioni un po' forzate, sono la conferma della difficoltà di
individuare il vero volto di questo sventurato giovane.
Dei due ritratti di Copenhagen, inoltre, quello attribuito a Germanico ha
le caratteristiche somatiche che lo
avvicinano, vedi il naso, al volto di Agrippina Maggiore; quindi il ritratto di
Copenhagen attribuito a Germanico potrebbe in realtà raffigurare non il padre
ma il figlio Druso Terzo.
Dall’accostamento e dal confronto tra il busto centuripino ka792 e questo
ritratto di Germanico proveniente da Taranto, si può cogliere con evidenza che
tratti e particolari sono interessanti per la similitudine delle fattezze e per
le caratteristiche delle esecuzioni.
Anche Bonacasa sosteneva che il ritratto centuripino, per le
caratteristiche e lo stile, poteva essere accomunato ai due ipotetici ritratti
di Germanico a Copenhagen.
Da esperienze virtuali, procedendo con martellate digitali sul volto
“tarantino” di Germanico e sottraendo da quel volto i medesimi tratti somatici
che nel volto centuripino sono andati distrutti, se ne ricava una incredibile
somiglianza; i tratti della bocca denotano la medesima espressione, la fronte
la stessa ampiezza, i bulbi oculari la medesima forma, gli zigomi e la
muscolatura facciale parlano la stessa lingua.
Recenti tesi ritengono che la
ritrattistica giulio-claudia centuripina sia indubbiamente contemporanea ai
personaggi raffigurati e quindi da collocare alla prima metà del I secolo d.C.;
se consideriamo le splendide condizioni nella quale sono arrivati sino a noi i
ritratti “centuripini” di Augusto, Germanico e Druso Minore, come potrebbe
spiegarsi, altrimenti, lo stato pietoso in cui è ridotto il ka792 ?
Sarebbe impensabile massacrare a
martellate un ritratto a meno che non ci siano motivi di forma maggiore. Quindi
se ne desume che il ritratto raffiguri Druso Terzo (o al limite un analogo
destinatario di damnatio memoriae), e
che in seguito alla sua condanna a morte e l’impietoso accanimento postumo
dell’imperatore Tiberio, il ritratto sia stato oggetto di particolari
attenzioni (martellate) per cancellarne i tratti somatici e reimpiegato come pietrame
da costruzione.
Incredibile
comunque che, malgrado la cattiveria di cui è stato vittima, i detrattori e
tutte le forme di disprezzo subite dalla persona raffigurata, questo ritratto
sia ancora qui a raccontare la sua storia, ed essere testimone del suo tempo e
dei nostri giorni.
Enzo Castiglione
Breve
bibliografia:
-
Bonacasa Nicola – Ritratti Greci e Romani della Sicilia, 1964 – Palermo;
-
Boschung Dietrich - Gens Augusta, 2002;
-
Publio Cornelio Tacito - Annales
-
Gaio Svetonio Tranquillo – Vita dei Cesari III - Tiberio
- Spinosa Antonio - Tiberio. L'imperatore che non amava Roma - Arnoldo Mondadori
Editore 1985;
- Portale Elisa Chiara, Un contributo “palermitano” al ciclo giulio-claudio di Centuripe –
Mare Internum 2020 – Fabrizio Serra Editore;
- Di Franco Luca - L’Arcivescovo Capece Latro e l’antico: collezionismo e ricerca antiquaria
nella Taranto di fine Settecento – Atti Convegno 2019;
- Fabbrini Laura – Il ritratto giovanile di Tiberio e la iconografia di Druso maggiore,
1964 - Bollettino d’Arte IV Serie;