mercoledì 19 giugno 2019

Il volto negato


Il volto negato

   1.    Quintus Pompeius Falco

Il personaggio protagonista, a sua insaputa, di questo scritto è un centuripino le cui gesta sono arrivate sino a noi, grazie alle epigrafi e ai documenti antichi che si sono salvati dalle distruzioni.


Gli studiosi sono riusciti a ricostruire diverse generazioni dei Pompeii Falcones; famiglia di cui fa parte Falco, sicuramente originaria di Centuripe e che a Centuripe ha lasciato abbondanti tracce del suo evergetismo. Molto probabile che anche i grandi mausolei funerari centuripini siano da collegare alla presenza di personaggi di questo livello.
Falco nasce nel 70 d.C. circa, ha un fratello maggiore, Prisco, ed è figlio di Sextus Pompeius Priscus e di Clodia Falconilla. Il padre è sicuramente un ricco proprietario terriero siciliano, con possedimenti anche nel nord Africa, mentre la madre proviene dalla gens Clodia di Hadrumetum, l’attuale città tunisina Susa.
Del fratello Prisco si sa poco, forse perché si occupò esclusivamente della amministrazione dei ricchi possedimenti della famiglia; Falco invece avrà una, a dir poco, brillante carriera militare e politica che gli consentirà di conoscere ben quattro imperatori romani, di cui un paio anche amici. Egli inizia la carriera militare come tribuno; ma solo dopo la prima campagna dacica come legatus legionis, nel 102 d.C., al termine della quale ottiene dall’Imperatore Traiano alcune ricompense militari, la sua vita e la sua carriera prenderanno una diversa piega. In questo periodo sposa Sosia Polla e diviene genero di Quinto Sosio Senecione, uno dei più stretti collaboratori dell'imperatore, ed entra nella ristretta cerchia degli uomini di fiducia di Traiano.
Diviene quindi governatore della Licia e Panfilia e poi della Giudea. All’inizio dei lavori della Via Traiana gli viene affidato l'incarico eccezionale di Curatore. Nel 108 diviene console sostituto; quindi gli viene affidato il governo provinciale della Mesia Inferiore. Nel 117, alla morte di Traiano, Adriano, coetaneo e amico di Falco,  diventa imperatore; nasce nel medesimo anno il figlio di Falco. Nel 118 viene nominato governatore della Britannia. Nel 122, ultimo suo anno di governatorato, la Britannia fu visitata dall'imperatore Adriano, che ordinò riforme nell'isola e la costruzione del vallo, il cui tracciato era stato già supervisionato da Falco.
Nel 124 infine è proconsole d'Asia, durante questo incarico muore la moglie  e Falco, dopo il 129, si ritira a vita privata nella sua villa in campagna, a sud-est di Roma a nord di Frascati, in un luogo chiamato ancora oggi Monte Pompeo, dove si dedica, tra le altre cose, all'orticoltura. Nel 140 l’Imperatore Antonino Pio accompagnato dal giovane e prossimo imperatore Marco Aurelio gli fanno visita per chiedergli consigli sulla conquista definitiva della Britannia, compresa la Caledonia; si racconta che fossero molto incuriositi dai suoi pregevoli alberi che producevano, innestati su un unico tronco, diversi frutti, da lui definiti una Catachanna.

   2.    Quintus Pompeius Sosius Priscus

Dopo la morte di Falco, avvenuta nel 146 circa, Il suo unico figlio Sosius Priscus nel 149, in base al suo cursus honorum di tutto rispetto, recuperato da un paio di iscrizioni non centuripine, diventa console ordinario. Per i personaggi di alto rango era una regola sponsorizzare nella città d’origine la costruzione di edifici pubblici dedicati all’imperatore. Le carriere politiche si costruivano anche con questi gesti propagandistici. E’ il caso dell’edificio degli Augustales di Centuripe in base alle iscrizioni che da li provengono.


Ed è proprio Sosius Priscus, il dedicante di una serie di statue che riguardano personaggi della propria famiglia e personaggi della famiglia imperiale; nonché il finanziatore dell’ operazione di miglioria sul monumento e la scelta di farlo proprio a Centuripe non è casuale.
Tra le statue esposte nel locale museo archeologico regionale, ad appena trenta metri di distanza dal luogo del rinvenimento, spicca quella virile togata che, per i rotoli che servono anche da sostegno, è attribuibile ad un personaggio con carica pubblica.


Inoltre la statua non ha l’alloggiamento per la testa, ma è stata prodotta con un ritratto a se stante, forse unico. Le caratteristiche stilistiche, inoltre, la collocano alla metà del II secolo. Le epigrafi ritrovate nello stesso complesso fanno riferimento ad alcuni personaggi della famiglia dei Pompeii Falcones: la figlia Sosia, lo zio, il padre e la nonna paterna di Sosius Priscus. Un piccolo frammento di epigrafe fa riferimento a Traiano, potrebbe essere ingenuo sostenerlo, ma Falco ne era il Curator [via] E– TRAIA [nae] come abbiamo visto.


 Ma, a prescindere dalla corretta lettura di questa epigrafe, probabile che questa statua sia proprio quella dedicata a Falco, cioè il personaggio che, senza ombra di dubbio, ha rappresentato l’aggancio ai vertici della politica dell’impero per la famiglia dei Pompeii Falcones.

   3.    Il volto negato

Nell’anno 2000, in seguito al trasloco dei reperti dai magazzini dell’antiquarium di Centuripe ai magazzini del nuovo museo archeologico, una revisione del materiale in deposito consentì la scoperta di un interessante frammento marmoreo;  era in pratica l’anello di congiunzione tra la base del collo di questa statua virile e la parte superiore di una testa.


Si tentò, nell’immediato, una prima ricostruzione grafica del volto sulla statua a corredo dell’impianto espositivo del museo.


Nell’autunno del 2001, fui coinvolto a partecipare ad una veloce escursione al museo archeologico di Lentini autorizzata dalla Soprintendenza di Siracusa. Il museo di Lentini, in quegli anni, era chiuso per lavori, ma al direttore del museo di Centuripe nonché ai suoi accompagnatori non si poteva negare una visita “scientifica”. Era giunta voce che nei depositi di quel museo si trovasse qualche reperto pertinente  a remoti ritrovamenti centuripini. Il primo reperto che venne  fuori dal magazzino era un rilievo frammentario di terracotta con atleta, di cui si erano perse le tracce, ed era riconducibile ad un trittico in terracotta scoperto in una tomba di contrada Addolorata nel 1951.


Il secondo reperto, che ci fece letteralmente sobbalzare d’incredulità e di meraviglia, era un frammento di marmo, che dal naso all’orecchio sinistro, raffigurava un volto ormai famoso a noi addetti ai lavori del museo di Centuripe. 


Entrambi i reperti, immediatamente dopo i ritrovamenti, erano stati fotografati a Centuripe dal Prof. Rizza, quando ancora sporchi di terra. Lo attestano i  fotogrammi del rullino che precedono e seguono le foto del frammento e riguardano gli scavi presso gli Augustales di Centuripe. Ma per strane traversie, sicuramente la difficoltà o l’impossibilità di depositarle in quei giorni presso i magazzini dell’Antiquarium di Centuripe, erano stati provvisoriamente  portati al museo di Lentini.
Non dobbiamo dimenticare che il Prof. Rizza in quegli anni si occupava di ricerche archeologiche in entrambe le due città. Per un motivo o l’altro, dopo alcuni decenni si erano persi i ricordi e con essi le tracce di quel deposito provvisorio.


Negli anni successivi si era tentato addirittura di ricostruire il volto di quel personaggio con una integrazione che faceva riferimento alle foto del frammento smarrito, ma i risultati non dovettero essere soddisfacenti e si lasciò perdere.
 Le documentazioni fotografiche storiche, che nel frattempo sono state diffuse,in alcune pubblicazioni, fugano inesorabilmente qualsiasi dubbio sulla provenienza di quei reperti.
Ma torniamo al nostro frammento. Preso alla sprovvista non avevo idea di come fissare su carta qualche veloce schizzo del reperto; la fortuna volle che, dal cassetto di una vecchia scrivania del museo, spuntò infine un mozzicone di matita che mi permise di stilare uno scarabocchio estemporaneo in seguito rielaborato graficamente.


Quel volto, adesso, cominciava ad assumere un aspetto ancora più intrigante. La speranza nell’immediato fu che il frammento rientrasse definitivamente al museo di Centuripe. Iniziò infatti, da li a poco, uno scambio epistolare tra gli enti: richieste, dubbi, chiarimenti etc.. con i contributi del Soprintendente di Enna  e del Dirigente Generale dei BB.CC.AA. di allora, che diedero in un certo senso il via libera; infine dopo quattro anni, nel 2005,  tutto tacque senza che si fosse arrivati purtroppo ad alcun risultato!
Il museo di Centuripe, nel frattempo, ha acquisito lo status di museo regionale; in questi anni un nugolo di esperti è transitato per i suoi ambienti, senza poter o voler apportare contributi decisivi. Ci si è confortati, a tempo perso, con tentativi vari di ricostruzioni del volto di questo personaggio, che però non hanno sgombrato il campo dall’amarezza che solo i danni dei tombaroli e della burocrazia lasciano provare.
Perché questo volto è importante per il museo di Centuripe e per i centuripini? Forse perché è l’unico ritratto esistente di Q. Pompeius Falco! La valenza storico - archeologica è altissima, ed è certo che finchè il frammento di Lentini  non rientra al museo archeologico regionale di Centuripe e non si avvia il dovuto restauro dell’intero ritratto, ci dovremo accontentare solo di provvisorie e tristi ricostruzioni grafiche, e di convivere con il rammarico di una identità negata.
                                                                                                                 Enzo Castiglione



Bibliografia breve:
-         Prosopographia – Imperii Romani – saec I. II. III
-         G. Rizza (a cura di) , Scavi e ricerche a Centuripe (Palermo 2002)
-         R. P. A. Patanè - Impero di Roma e passato troiano nella società del II secolo (Roma 2011)
-         G. Biondi, S. Rizza - Centuripe Guida ai Monumenti di età imperiale romana (Catania 2017)
-         G. Libertini, Centuripe. Nuove indagini sulle costruzioni presso il mulino Barbagallo,
in notizie Scavi 1953.

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domenica 19 maggio 2019

Il baule della discordia


Il baule della discordia



Nell’ottobre del 1993, Centuripe fu il teatro di alcuni ritrovamenti fortuiti che furono definiti al primo impatto “eccezionali”,  ma che nell’immediato seguito della vicenda, produssero solo situazioni pirandelliane. Il 20 Ottobre venivano segnalati, da alcuni giovani di una società appena costituitasi, scavi clandestini e la violazione di alcune tombe in contrada Bagni;  nella medesima occasione i medesimi  segnalavano il ritrovamento dei resti di un manufatto antico in prossimità della discarica comunale. Il giorno successivo, in contrada Gelofia, sempre i medesimi individuavano, nella trincea di scavo di un costruendo acquedotto,  antiche tombe appena violate dai clandestini.
  

Tra tutti gli avvenimenti, di cui si rese protagonista questo gruppo di volenterosi giovani, la notizia del ritrovamento, nella discarica comunale, di un antico sarcofago era sicuramente la notizia più eclatante; non tanto perché le tracce di tombe, ritrovate anch’esse fortuitamente, non lo fossero, ma perché sarcofagi con siffatte caratteristiche a Centuripe non se ne erano mai visti in secoli di ricerche e scavi.
 Nel passato, solo l’archeologo Paolo Orsi aveva visto a Centuripe un sarcofago fittile, databile tra il IV e il III secolo a. C., però con decorazione dorica a metope e triglifi. Eppure Paolo Orsi, all’inizio del secolo scorso, di tombe a Centuripe ne aveva scavate a centinaia in contrada Casino e in altre aree; del sarcofago, che aveva solo visto, ovviamente non vi è più traccia.
Dopo di che, Luigi Bernabò Brea, che nel 1942 curò altre esplorazioni in contrada Casino e a nord di essa con la individuazione di una settantina di tombe, Guido Libertini autore di una notevole monografia su Centuripe, Giovanni Rizza che esplorò la necropoli di Piano Capitano con il ritrovamento di grandi tombe a camera, mai si imbatterono in grandi manufatti del genere. Per non parlare degli altri studiosi che si sono occupati di archeologia a Centuripe fino ai giorni nostri.
La spiegazione potrebbe essere molto semplice. Considerati i declivi accidentati delle pendici dove gli antichi centuripini sceglievano di seppellire i loro morti e considerato il notevole peso e la difficoltà del trasporto in loco di questi enormi contenitori, la scelta tipologica, chissà perché, era ricaduta semplicemente su fosse, rivestite da mattoni o pietrame, poi ricoperte, dopo la deposizione, da almeno sei/otto lastroni litici. Una vera e propria tomba costituita da elementi smontati e assemblati sul posto: geniale.
Paolo Orsi, nella monografia dedicata agli scavi condotti a Gela tra il 1900 e 1905, notava come nelle necropoli arcaiche gelesi, a causa della scarsità di pietre, si assistesse già nel VII secolo a. C. al “trionfo della creta sulla pietra”. Segnalava tra l’altro che dal 550 a.C. i sarcofagi fittili divenivano predominanti, sarcofagi che lui chiamava “bauli” perché così venivano chiamati oltre un secolo fa dai gelesi.
La diffusione in Sicilia ed i centri interessati da questo particolare tipo di sepolcri è inoltre attestato dall’interessante studio della D.ssa Carmela Bonanno: “I sarcofagi fittili della Sicilia”; nato come tesi di perfezionamento in archeologia classica negli anni ‘80 e poi, aggiornato, pubblicato nel 1998 da l’Erma di Bretschneider. Centuripe, ovviamente, non rientra tra i centri in elenco.
Questo sarcofago era comparso in discarica, quando si dice il caso, appena in tempo per promuovere i buoni propositi costitutivi di una giovane società che intendeva muovere i propri passi nell’ambito dei beni culturali centuripini. 
In quegli anni, bisogna ricordare,  il museo archeologico viveva alcuni lavori di completamento e l’andirivieni delle varie ditte pronosticava, quasi imminente, la sua apertura al pubblico. Diventavano improvvisamente importanti le attività e le professionalità di cui la struttura museale si doveva dotare.
Ma è risaputo il diavolo esperto in pentole non lo è in coperchi,  l’epilogo di questa storia è la classica situazione pirandelliana dove in certe situazioni non tutto corrisponde poi alle attese. Appena vi fu il sentore che tutti quei ritrovamenti fortuiti, in un così considerevole breve lasso di tempo,   potevano condurre a situazioni inaspettate o a qualche probabile indagine,  immediate furono le prese di distanza di una buona parte dei soci.

"...con riferimento al presunto ritrovamento del reperto archeologico denominato "SARCOFAGO" fatto da alcuni soci della cooperativa "mmmmmm" facciamo presente che tali iniziative devono considerarsi personali e non coinvolgono l'intero organismo sociale della cooperativa.
  Pertanto ci decliniamo da ogni eventuale responsabilità che ne potrebbe conseguire da tale iniziativa."
 Centuripe 18 novembre 1993
In un vidiri e svidiri  il baule era passato da notizia sparata a sette colonne sul quotidiano locale, a motivo di forte dissenso e di discordia!
Fine della storia !?



Ci si chiede a questo punto: “ Di questo baule della discordia adesso cosa ne dovremmo fare ? ” E’ ingombrante, di provenienza incerta, decontestualizzato irrimediabilmente dal contesto storico-scientifico e anche, come abbiamo visto, portatore sano di sfiga.
 Le condizioni in cui è stato ritrovato, sono a dir poco pietose; difatti è stato letteralmente fatto a pezzi, per renderne più semplice il trasporto e potersene disfare. La parte inferiore del sarcofago è costituito da una trentina di frammenti, mentre il coperchio, costituito da una quindicina di frammenti,  è mancante nell’insieme di parecchi elementi anche se corrispondenti a fratture fresche.
 Difatti solo la ricostruzione grafica consente oggi una provvisoria  proiezione delle dimensioni e la ricomposizione delle masse.
  


   Si tratta in sintesi di un sarcofago fittile a forma di baule, databile al V secolo a. C.. La parte inferiore, la cassa, ha all’incirca queste dimensioni: lunghezza 212 cm., larghezza 96,5 cm., altezza 68,6 cm, profondità interna verticale 64 cm.. La base è piana e di forma rettangolare. Le pareti sono diritte e si incontrano agli angoli formando un angolo retto. L'orlo aggetta dalle pareti della cassa cm 8,7. All'interno della cassa gli angoli sono arrotondati.


Il coperchio manca di elementi che ne consentano la completa ricomposizione, ed ha all’incirca queste dimensioni:  lunghezza 101,5 cm x 2, larghezza 86,6 cm., alzato 40 cm. circa. Se riassemblato, è costituito da due pezzi di dimensioni pressoché uguali accostati; ciascuno dei due pezzi è a doppio spiovente, con dorso a profilo tondeggiante . Nelle testate l'orlo dei lati aggetta circa cm 2,5 e costituisce la cornice di un frontoncino di forma triangolare.
Recentemente a Gela, durante gli scavi per la rete idrica in via Cicerone, è stato ritrovato  un sarcofago che presenta alcune caratteristiche simili.



Se consideriamo che si tratta comunque di un antico sepolcro, anche se tipologicamente estraneo alle sepolture centuripine,  considerate le vicissitudini,  potrebbe essere rimontato e collocato presso il livello espositivo che, all’interno del museo centuripino, ospita le  necropoli, se non altro per documentare una diversa tipologia di sepoltura in uso da qualche parte in Sicilia già dalla metà del VI secolo a. C..  


In tempo di crisi, quando ci ricapiterà la fortuna di trovare qualcos’altro ?
                                                               
                                                                                                               Enzo Castiglione
  
Breve bibliografia di riferimento:
-   I sarcofagi fittili della Sicilia - Carmela Bonanno – Roma: “L’ERMA”  di BRETSCHNEIDER, 1998;
-   Rosa Maria Albanese Procelli - Università di Catania, Sepolture di guerrieri della prima metà del V secolo a.C. nella Sicilia interna: l’evidenza da Montagna di Marzo;
-   Paolo Orsi, Gela. Scavi del 1900-1905;