venerdì 30 giugno 2017

Jean Houel a Centorbi – Le tavole perdute

Jean Houel a Centorbi – Le tavole perdute

“La célébrité dont cette ville a joui exige que je la fasse connoitre à mes lecteurs”

Jean Houel (Rouen 1735 – Parigi 1813), a differenza di altri viaggiatori del XVIII secolo, anteponeva passione e senso pratico alla sua brillante capacità di documentare; ciò gli rese la produzione dell’imponente lavoro del Voyage pittoresque sicuramente più facile. Infatti soggiornò in Sicilia e nelle isole vicine ben quattro anni, realizzando oltre 500 disegni, a testimonianza della serietà dell’impresa che gli consentì di “Avvalorare i disegni con gli scritti e confermare gli scritti con i disegni”.
Arrivò a Centuripe nel 1778 e la complessa morfologia del luogo, che gli si presentò davanti, venne subito definita “bizzarra” e lo intrigò così tanto da costringerlo a redigere una pianta della città; diversamente, scrisse, sarebbe stato difficile farsene un’idea.
Quindi si deduce che il lungo soggiorno a Centuripe di Jean Houel (15 giorni ospite nel convento degli Agostiniani) sia iniziato con la redazione di questa utile pianta, redatta con inchiostro nero, pennello acquerellato bruno su una traccia a matita nera e che sarà uno dei sette soggetti centuripini (su una quindicina di tavole realizzate sul posto) tradotti qualche anno dopo in incisioni e pubblicati nel terzo tomo del Voyage pittoresque.
Essa presenta delle particolarità che, sia nel disegno del 1778 sia nell’incisione successivamente pubblicata, non è facile cogliere ad occhio nudo o senza il testo descrittivo; l’artista francese, infatti, su di essa annotò con delle lettere, i siti dei monumenti e dei ruderi che ritenne di maggiore interesse.


La successione delle lettere lascia intuire un percorso più razionale rispetto a quello che si snoda nel testo del Voyage: come se le lettere fossero state assegnate da una ricognizione preliminare, condotta da Houel sicuramente assieme a qualche indigeno che conosceva bene i luoghi. 

Tavola CLIX

Diventa però interessante il confronto tra le due diverse redazioni della “Plan de la Ville de Centorbi”. L’incisione (Tavola CLIX) tende ad omogeneizzare il tutto semplificandone la lettura, ne deriva che qualche particolare o appunto viene tralasciato, per motivi di impaginazione il disegno ruota di 90° in senso antiorario; la tecnica di copiatura tende a distorcere ulteriormente i dati grafici, le lettere diventano minuscole, la “N” sparisce. Ciò induce a ritenere di maggiore interesse la prima redazione della pianta per la freschezza dei dati “in presa diretta”, più ricca di particolari, di appunti e di sfumature. 


Nel 1996 il caso volle che venisse individuato, tra le illustrazioni senza didascalia di una rivista, un disegno raffigurante qualcosa di molto familiare.


Le immagini, sulla rivista, erano tratte dal catalogo La Sicilia di Jean Houel all’Ermitage edito dalla Sicilcassa che ne aveva curato anche la mostra in Sicilia. Parecchi di quei soggetti erano rimasti fino ad allora sconosciuti perché non tradotti in incisioni e pubblicati. Nel catalogo della mostra la relativa didascalia recitava: rovine di un muro di cinta  a Santa Lucia viste dall’altro versante. Non solo.

Dalla successiva indagine nel catalogo, si riuscì ad individuarne altri due di disegni i cui numeri di tre diversi inventari andavano a riempire un vuoto tra le tavole che l’artista aveva realizzato a Centuripe. 


Diventava sempre più evidente che due dei disegni ritrovati, erano relativi ai ruderi presso la Chiesa del Sacro Cuore a Centuripe, che l’artista aveva segnato con la lettera N nella pianta originaria, ma a cui non rivolgeva  menzione nel testo del Voyage, e questo era già abbastanza strano per un sito a cui aveva dedicato addirittura due vedute; inoltre, come abbiamo osservato, non aveva ricopiato la lettera N nella pianta pubblicata nel Voyage pittoresque


Il terzo disegno che, nel Catalogue Raisonné, per l’artista rappresenta una costruzione sconosciuta, somiglia invece moltissimo alla descrizione che nel Voyage egli fa dei ruderi centuripini segnati in pianta con la R: profondi scavi e grandi volte che comunicavano tra di loro in tutti i sensi.. …grandi muraglie e monconi di arcate dimostrano di essere appartenute a importanti edifici… Oggi i ruderi, sono in parte sovrastati e ricoperti da costruzioni moderne.
Cosa era potuto succedere? Forse semplicemente un lieve incidente di percorso: uno scompagnamento dei dati e la perdita di alcuni appunti prima ancora della stesura definitiva del Voyage pittoresque.
Gli avvenimenti e le casualità, di cui non avremo mai assoluta certezza, non hanno permesso, in questo caso, a Jean Houel di “Avvalorare i disegni con gli scritti e confermare gli scritti con i disegni”. Una piccola distrazione che ad un grande artista si deve poter perdonare.

Resta il fatto che, un caso fortuito ha consentito di riattribuire a Centuripe, e  quindi recuperare alla memoria collettiva, alcune pregevoli illustrazioni  di Houel, altrimenti perdute nell’oblio. 
                                                                                                                           Enzo Castiglione

mercoledì 28 giugno 2017

Il Viale dei ricordi

Il Viale dei ricordi


Se c’è un posto a Centuripe dove,  più che in ogni altro, si affollano ricordi personali e collettivi, esso si chiama Corradino. Non esiste un centuripino/a  che non abbia almeno un ricordo della propria esistenza legato a quel luogo; per certi versi un luogo delle memorie:  giovanili e spensierate, sentimentali e dell’innamoramento, della serenità e della vecchiaia.
Se, finalmente, si potrà scrivere una storia importante della città, un intero capitolo dovrebbe parlare di quel viale e di quello spiazzo; nella quale avvenimenti, più o meno importanti, hanno segnato la storia passata e recente della città.

Foto Achille Palermo - 1936

Dedicato, per una strana e articolata commistione, a un personaggio giustiziato a Napoli, a 16 anni,  che mai visitò questi luoghi; ma ricordato grazie a Corrado Capece che, appoggiando gli interessi Svevi contro gli invasori Angioini, qui si difese strenuamente sino alla fine di Aprile del 1270.  Corradino a Centuripe è una frase fatta; non è una semplice indicazione geografica,  ma un posto intimamente centuripino, dove il suono del vento tra gli alberi accompagna  il volo degli occhi in tutte le direzioni.
Qualcuno aveva già scelto, oltre diciotto secoli fa, l’estremità del promontorio, per farvi costruire la propria imponente tomba monumentale; Giuseppe Garibaldi aveva constatato di persona, nel 1862, che si trattava di un vero e proprio “Balcone della Sicilia”. Anche la II Guerra Mondiale passerà da lì con il suo strascico di bombe e sangue.
Il fato oltre che la splendida collocazione, lo destineranno però a luogo di raduni collettivi che segneranno le varie epoche.
Nel 1853, per l’interesse dell’allora sindaco Don Giuseppe Antonio Lo Giudice, era stata aperta una strada a ruota che collegava il largo del mercato pubblico con il mausoleo e lo superava girandovi intorno.

Catastale storica - CRicd

 Recita l’Ansaldi in merito: Alcune strade sono state nuovamente aperte. Quella dell'interno del Comune che.. ..va a terminare all'antica torre di Corradino, formando attorno di questa un vago semicircolo con se­dili di antichi mattoni. ”


La livelletta della nuova strada, addolciva la profonda sella tra il piano del mercato e il mausoleo, e copriva la sommità della cresta e tutto ciò che di costruito li poteva ancora trovarsi.
 Alla fine dell'ottocento, i fratelli Biondi, fotografi catanesi, in uno storico selfie del 1891, immortaleranno in una preziosa immagine i resti del mausoleo romano, alias Castello di Corradino.  Nella foto, la pendice del terreno a nord-ovest del monumento è ancora integra; infatti sarà ribassata da li a poco.

Foto F.lli Biondi - 1891

Addossata all'antico edificio è possibile scorgere una strana struttura in pietra, di pianta semicircolare, ampia circa otto metri e con muri altalenanti. Nella parte centrale dell’impianto si notano le tracce di un altare (?).


Da ciò se ne deduce che l'area, forse dalla fine del settecento, fosse stata già individuata ed elevata alla sacralità per le celebrazioni religiose dei nostri avi. Nelle “Memorie storiche” di Filippo Ansaldi non vi è nessun riferimento a questo manufatto o ai relativi riti, ma durante gli anni venti del secolo scorso, con una celebrazione molto partecipata dalla cittadinanza, una croce in ferro veniva posta sul mausoleo, forse, simbolicamente, a riconquistare lo spazio perduto.
Il mausoleo non è, comunque, l’unico elemento antico che sopravvive nell’area.  Qualche anno fa, nel 2005, uno dei muri, innalzati nel 1853 per sostenere il viale, ha mostrato segni di cedimento; lo scavo per liberare l’area e fornire la base per un nuovo e più robusto muro, ha riservato qualche sorpresa. Una porzione di antica cisterna, medievale con probabile forma ad ampolla e con sul fondo una depressione   concava per la raccolta dei detriti, ha fatto capolino dalle macerie. 


Che fosse medievale lo hanno indicato alcuni elementi, ceramici e vitrei, individuati nello strato a contatto con il fondo. Il rilievo del manufatto e la relativa collocazione cartografica è bastato a conservarne memoria.


Sotto  il medesimo tratto stradale, la presenza di altre sporadiche tracce di manufatti hanno confermato quello che già sapevamo dai testi storici; seguendo la cresta della montagna  dal convento degli Agostiniani fino al Mausoleo romano si vedevano, fino alla fine del settecento, delle parti considerevoli di muri antichi, tutti rovesciati.
Dall’inizio del novecento, quindi, con  il ribassamento della terrazza centrale e con lo spiazzo  così ottenuto, si darà il via alle grandi adunate e alle celebrazioni pagane di ogni tipo.
Le rappresentazioni del regime, durante il ventennio; le rappresentazioni scolastiche e ginniche tra gli anni '50 e '60. Le feste dell’Unità con il fumo degli arrosti, i giochi e tutto il circo equestre; la gara canora del Microfono d’Argento con l’elité centuripina, che recitava la propria parte, chiusa dentro un paddock. Le feste del lavoro del primo di maggio, i concerti e gli spettacoli teatrali delle feste padronali dominate dal vento di settembre. Le giostre, l’autoscontro, il calcio in culo,  tutto il calcio minuto per minuto, vissuto pigramente in auto la domenica e le epiche partite di calcio tra le contrade della città, con le escoriazioni e sangue, di pace, che cola giù. Le passeggiate, il caffè al chiosco, le stelle cadenti, le sonate di chitarra al chiaro di luna, l’Etna e le sue convulsioni.
E poi le foto con gli amici, degli sposi, del panorama, del rudere, di quando eravamo giovani noi e di quanto erano giovani i nostri genitori, del tempo che passa dentro la medesima location; che si è nel frattempo contaminata delle nostre vite fino a diventare un archivio, una enciclopedia dei ricordi di tanti, di tutti, di intere generazioni che su quell’ampio balcone hanno anche meditato della vita e del proprio destino.
Enzo Castiglione
                                                             1962


Bibliografia di riferimento:
-         Filippo Ansaldi – Memorie storiche di Centuripe, 1981 Edigraf Catania
-         Jean Houel - Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Lipari et de Malte, Tomo III 1785
-         Saba Malaspina – da Cronisti e scrittori sincroni napoletani – Giuseppe del Re, 1868
-         Vito Amico - Dizionario topografico della sicilia, note di Gioacchino Di Marzo, 1858
-      Vecchie foto di Sicilia – Salvatore Nicolosi edizioni Greco 
-         38 Irish Brigade – Diari di guerra
-         Catastale storica – Repertorio CRicd

giovedì 22 giugno 2017

Una scoperta eccezionale

Una scoperta eccezionale



Qualche anno fa, presso il Museo di Centuripe, la revisione del materiale proveniente da un  sequestro ha avviato alcune interessanti attività.
La documentazione fotografica di tutto il materiale sequestrato, era  già stata completata. Rimaneva da controllare l’abbondante materiale, in condizioni frammentarie di alcuni cassetti metallici, che definire immondizia sarebbe stato un complimento;  ma era  un atto dovuto procedere anche alla sua pulitura e revisione.


Le migliaia di frammenti, che riempivano i cassetti metallici, sono stati a loro volta fotografati,  lavati (con esclusione di quelli con evidenti tracce di decorazioni) e poi ancora fotografati. Considerata la consistente mole del materiale, si è provveduto ad accorpare i frammenti ceramici.


I valori cromatici,   gli spessori e le forme hanno consentito quindi una provvisoria suddivisione per  tipologie: lekythos, skyphos, kotyle, kylix, lekane, guttus, paterette, unguentari, lucerne, anfore, figurine fittili ecc… 

Si è proceduto quindi ad una prima sommaria e parziale ricerca attacchi e ricomposizione dei reperti che, frequentemente, provenivano da diversi cumuli. Evidentemente i  pacchi di cartone, provenienti dal sequestro, sbrigativamente, non erano stati riempiti all'epoca con “criterio scientifico”.


L’idea di riesaminare il materiale di quei cassetti,  contenenti apparentemente immondizia, si è rivelata subito molto interessante: il pre restauro ha reso possibile la ricomposizione parziale di parecchi reperti, che potranno essere completati anche in seguito, dopo ulteriori verifiche e ricerche di attacchi.


La scoperta eccezionale è dovuta ad un caso fortuito; il ritrovamento di un piccolo frammento di orlo. Lo scudo di cui si pensasse facesse parte, era già stato ricomposto in frammenti ma poi riposto, in attesa di momenti migliori, in magazzino.
Quel piccolo frammento ha ridestato una certa curiosità; intanto ad una veloce verifica si è appurato che non solo apparteneva allo scudo sospetto ma lo completava e questo era già un mezzo miracolo, perché i frammenti di quel clipeo provenivano addirittura da quattro diversi cassetti della cosiddetta “immondizia”.
La patina di calcare che ricopriva all’esterno il Clipeo, era durissima; come lo potrebbe essere la crosta che si forma grazie al liquido proveniente dalla decomposizione di un corpo dentro una tomba.



Il reperto era stato fotografato quando ricoperto da questa durissima patina; e non mostrava ancora alcuna policromia o valore artistico. Ad un primo attento esame, con bisturi  su frammento esterno, si sono rivelate evidenti tracce di decorazione policroma,  da lì la necessità di operare con la massima cautela.  La meraviglia è l’incanto sono scaturiti  dalla ripulitura dell’ampio frammento centrale, che, osservato distrattamente e capovolto, ha rivelato un aspetto umano.

Era un volto, il volto di una donna, quello che ritornava a sorridere dopo oltre 20 secoli.
   

La provenienza e il contesto sono irrimediabilmente perduti, ma siamo di fronte ad un vera opera d’arte dell’artigianato artistico centuripino dell’ellenismo maturo di III o II secolo a.C..
Basti pensare alla rarità di questi oggetti e alla loro delicatezza in quanto la decorazione pittorica policroma veniva eseguita a tempera dopo la cottura del manufatto; si tratta di oggetti che venivano prodotti solo per essere depositati dentro una tomba, dopo un rito funerario.
Un oggetto veramente eccezionale, considerate le modalità del ritrovamento: un clipeo in terracotta, decorato da una pittura a colori recante immagine di donna ingioiellata e acconciata, contornata da fondo rosa.


Proprio niente a che vedere con i falsi “tondi di Centuripe”, oggi al Museo di Napoli, da cui prese il via una lunga e feroce disputa scientifica.   
Enzo Castiglione


Enzo Castiglione e Vito Censabella  - laboratorio del museo