venerdì 2 giugno 2017

Il ponte romano di Centuripe


Il ponte romano di Centuripe
   
I resti di ponti romani in Sicilia sono poco più di una quarantina; assumono particolare importanza non solo per l’interesse archeologico e lo studio della viabilità antica, ma anche per la loro valenza storica ed architettonica.
Nel territorio di Centuripe, in contrada Paportello, a circa 300 metri ad ovest dall’attuale corso del fiume Simeto e a 500 metri a sud dalla S.P. n. 44, laddove imbocca il ponte Barca di Biancavilla, si trovano i resti del ponte romano di Centuripe, compresi tra le seguenti  coordinate geografiche:
-        Estremità nord-ovest: 37°35’54, 106”nord e 14°49’29,56” est 
-        Estremità sud-est: 37°35’53, 39” nord e 14° 49’31, 38” est
L’antica città di Centuripe ebbe nel periodo romano una notevole importanza; fu anche tra le città siciliane che beneficiarono di ricostruzioni nel periodo Adrianeo, pertanto costituiva una delle mete più importanti nella viabilità dell'epoca. Nel periodo romano dell’isola, la viabilità interna della Sicilia aveva ricalcato precedenti assi viari sicelioti, segnati dai solchi delle carreggiate incassate nel calcare di città  tra cui Centuripe, e già utilizzati dai coloni greci per la loro penetrazione all'interno dell'isola.
L’Itinerarium Antonini e la Tabula Peutingeriana comprendono anche il tracciato stradale che da Termini Imerese arrivava a Catania passando da Enna, Agyrio, Centurippa, Aethna.
Il Prof. Dinu Adamesteanu individuò, mediante l'esame della fotografia aerea di questa area geografica, a ulteriore conferma, un percorso tra la masseria Poira in territorio di Paternò e Centuripe; e proprio lungo questo percorso che si trovano due ponti romani che attraversavano il Fiume Simeto in questa ampia vallata, in cui il percorso sinuoso ha subìto numerose variazioni.  Resti di un ponte si trovano in contrada Pietralunga di Paternò e il principe di Biscari, che lo vide già distrutto dalla violenza del fiume, lo descrive formato originariamente da due archi; le acque del fiume, in quel tratto però non si sono spostate, hanno continuato a scavare per secoli spazzando via quasi del tutto i resti del ponte.
        
Alla fine degli anni ‘70 del XVIII secolo, Jean Houel, pittore di corte ed  architetto francese, dedicò invece due tavole ai resti del ponte  “centuripino” da lui definito “un des plus belles que les romains aient jamàis faites dans ce genre”. Il suo viaggio, relativamente al ponte, era stato fortunato; osserva infatti che i resti  quasi completamente interrati fino a mezzo secolo prima, erano tornati in luce recentemente grazie ai recenti straripamenti del fiume.
Le sue tavole a gouache sono splendide istantanee fotografiche, che qualche anno dopo, durante la redazione del  Voyage pittoresque, verranno tradotte in pregevoli incisioni da pubblicare; è in questa fase che l’Houel Architetto descrive meticolosamente gli elementi architettonici e costruttivi del ponte, corredando le medesime incisioni con lettere indicative.
I resti rovesciati lasciano intravedere che questo ponte aveva almeno sette arcate, la struttura, realizzata in opera a sacco con un nucleo cementizio rivestito di mattoni, nella parte bassa delle pile era rivestita di blocchi ben squadrati di pietra ed era larga circa quattro metri  e pavimentata con grandi lastroni litici “ad incertum”, alcuni dei quali si trovano ancora nelle vicinanze.
Houel annota che l’estremità est del ponte (spalla) era ancora integra, era lunga circa dieci metri e doveva essere inclinata come si conviene abitualmente all'ingresso di un ponte. La veduta da sud la utilizzò per far capire come il fiume Simeto si fosse nel tempo spostato notevolmente verso est, preservando dalla completa distruzione i resti del ponte.
I resti attualmente in luce del ponte occupano in lunghezza circa 48 metri di un’area pianeggiante alluvionale; sono visibili solo quattro spezzoni di cui tre inclinati dopo la rottura delle arcate e il cedimento delle pile di fondazione, e uno nella probabile posizione d’origine, alto un paio di metri rispetto al piano di campagna.

     
Il ponte romano di Centuripe è confrontabile, ad un primo esame, con alcuni ponti di età traianea-adrianea  dislocati lungo la via Traiana, ad esempio il ponte delle Chianche di Buonalbergo (BN), che presenta i rivestimenti delle pile in pietra, le arcate e le soprastrutture in laterizio e la pavimentazione con grandi lastroni litici definiti appunto chianche.




La famiglia Centuripina dei Pompeii Falcones, tra il II e il III secolo d.C.,  era proprietaria terriera in Sicilia, nel Lazio e in Nord Africa;  di essa faceva parte anche Quintus Pompeius Falco, di rango senatorio, curator viae Traianae tra il 108 e il 112 d. C. figlio di Clodia Falconilla e Sextus Pompeius C. e padre di Q. Pompeius Sosius Priscus. Q. Pompeius Falco era persona vicina all'imperatore Adriano;  forse proprio Falco (piace pensarlo) avrà addirittura fatto progettare ed eseguire la costruzione di questo ponte, per celebrare i suoi possedimenti e la terra d’origine della sua famiglia.


Il 29 ottobre 2007, ai sensi del D.L. n. 42 del 22.1.2004, veniva emanato dall’Assessorato Regionale ai Beni Culturali, il Decreto di Vincolo n. 7808, proposto dalla Soprintendenza ai BB. CC. AA. di Enna, che ha posto sotto tutela, con vincolo diretto, i resti del ponte e, con vincolo indiretto, l’area di rispetto circostante. Questo importante atto potrebbe costituire il primo passo verso la valorizzazione e lo studio approfondito dell’antica struttura.
                                                                                                          Enzo Castiglione




Elenco tavole allegate:
-        1_Individuazione aerofotografica
-        2_3_gouache Jean Houel
-        6_7_8_9_10_11_12_13_Foto dei resti del ponte
-        18_19_immagini ricostruzioni virtuali
-        20_Statua personaggio famiglia Falcones c/o Museo di Centuripe



                         





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