Una scoperta
eccezionale
Qualche
anno fa, presso il Museo di Centuripe, la revisione del materiale
proveniente da un sequestro ha avviato alcune interessanti attività.
La documentazione fotografica di tutto il materiale sequestrato, era già stata completata. Rimaneva
da controllare l’abbondante materiale, in condizioni frammentarie di alcuni
cassetti metallici, che definire immondizia sarebbe stato un complimento; ma era un atto dovuto procedere anche alla sua pulitura e
revisione.
Le migliaia di frammenti, che riempivano i cassetti metallici, sono stati a loro volta fotografati, lavati (con esclusione di quelli con evidenti tracce di decorazioni) e poi ancora fotografati. Considerata la consistente mole del materiale, si è provveduto ad accorpare i frammenti ceramici.
Le migliaia di frammenti, che riempivano i cassetti metallici, sono stati a loro volta fotografati, lavati (con esclusione di quelli con evidenti tracce di decorazioni) e poi ancora fotografati. Considerata la consistente mole del materiale, si è provveduto ad accorpare i frammenti ceramici.
I valori cromatici, gli spessori e le forme hanno consentito quindi una provvisoria suddivisione per tipologie: lekythos, skyphos, kotyle, kylix, lekane, guttus, paterette, unguentari, lucerne, anfore, figurine fittili ecc…
Si è proceduto quindi ad una prima sommaria e parziale ricerca attacchi e ricomposizione dei reperti che, frequentemente, provenivano da diversi cumuli. Evidentemente i pacchi di cartone, provenienti dal sequestro, sbrigativamente, non erano stati riempiti all'epoca con “criterio scientifico”.
L’idea di riesaminare il materiale di quei cassetti, contenenti apparentemente immondizia, si è rivelata subito molto interessante: il pre restauro ha reso possibile la ricomposizione parziale di parecchi reperti, che potranno essere completati anche in seguito, dopo ulteriori verifiche e ricerche di attacchi.
La scoperta eccezionale è dovuta ad un caso fortuito; il ritrovamento di un piccolo frammento di orlo. Lo scudo di cui si pensasse facesse parte, era già stato ricomposto in frammenti ma poi riposto, in attesa di momenti migliori, in magazzino.
Quel piccolo frammento ha ridestato una certa curiosità; intanto ad una veloce verifica si è appurato che non solo apparteneva allo scudo sospetto ma lo completava e questo era già un mezzo miracolo, perché i frammenti di quel clipeo provenivano addirittura da quattro diversi cassetti della cosiddetta “immondizia”.
La
patina di calcare che ricopriva all’esterno il Clipeo, era durissima; come lo
potrebbe essere la crosta che si forma grazie al liquido proveniente dalla decomposizione
di un corpo dentro una tomba.
Il reperto era stato fotografato quando
ricoperto da questa durissima patina; e non mostrava ancora alcuna policromia o
valore artistico. Ad un primo attento esame, con bisturi su frammento esterno, si sono rivelate
evidenti tracce di decorazione policroma,
da lì la necessità di operare con la massima cautela. La meraviglia è l’incanto sono scaturiti dalla ripulitura dell’ampio frammento centrale,
che, osservato distrattamente e capovolto, ha rivelato un aspetto umano.
La
provenienza e il contesto sono irrimediabilmente perduti, ma siamo di fronte ad
un vera opera d’arte dell’artigianato artistico centuripino dell’ellenismo
maturo di III o II secolo a.C..
Basti
pensare alla rarità di questi oggetti e alla loro delicatezza in quanto la
decorazione pittorica policroma veniva eseguita a tempera dopo la cottura del
manufatto; si tratta di oggetti che venivano prodotti solo per essere
depositati dentro una tomba, dopo un rito funerario.
Un
oggetto veramente eccezionale, considerate le modalità del ritrovamento: un clipeo
in terracotta, decorato da una pittura a colori recante immagine di donna
ingioiellata e acconciata, contornata da fondo rosa.
Proprio niente a che vedere con i falsi “tondi di Centuripe”, oggi al Museo di Napoli, da cui prese il via una lunga e feroce disputa scientifica.
Proprio niente a che vedere con i falsi “tondi di Centuripe”, oggi al Museo di Napoli, da cui prese il via una lunga e feroce disputa scientifica.
Produce infinitamente di piu' il "fai da te" di un volenteroso e scrupoloso responsabile del museo che la lenta rete di expertise inconcludenti e disinteressate.
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