domenica 5 marzo 2023

Damnatio memoriae Druso!

 

Damnatio memoriae Druso!


      1 -  Reperto ka792

Tra le sculture marmoree della ex collezione comunale del museo di Centuripe, con numero d’inventario ka792, fa mostra di sé un busto marmoreo che,  a differenza di altri ritratti, quasi tutti provenienti dall’area degli augustali, è sempre rimasto a casa, a Centuripe. Gli altri ritratti, vuoi per l’intraprendenza di alcuni centuripini, vuoi per l’intraprendenza delle autorità, si sono dispersi in molteplici direzioni. Qualcuno di essi ogni tanto ritorna, ma poi se ne parte di nuovo.

  Questo ritratto, le cui dimensioni sono H:mt.0,39; L:mt.0,20; volto H:mt.0,25, invece è ormai da un secolo visionabile a Centuripe, forse perché parecchio rovinato e quindi non all’altezza(!) degli interessi più vari; infatti  risulta difficile l’attribuzione certa ad un particolare personaggio.  Ma siccome il presente testo non ha la pretesa di essere un contributo scientifico, cercheremo liberamente di formulare qualche ipotesi e capire se siamo di fronte ad un unicum.

Le descrizioni degli studiosi, che sin qui si sono occupati del ritratto,  accennano alle notevoli scheggiature e alle abrasioni che lo caratterizzano, ma mai è stata mossa una ipotesi sul perché della loro presenza.

Senza girarci troppo intorno, quelle inferte sul ritratto marmoreo sembrano delle vere e proprie martellate; un vero e proprio accanimento, su quel volto, a furor di pesanti martellate. Non si spiega altrimenti la sparizione del naso, della bocca, delle orecchie, del mento, dello zigomo sinistro, delle arcate sopraccigliari e infine la sbozzatura della massa dei capelli; quasi per rendere, da un lato, irriconoscibile quel volto e, dall’altro, perché no, favorirne il riutilizzo in qualche nuova opera muraria. La parte posteriore del ritratto, infatti, conserva indelebile una ampia traccia di legante o malta, a testimonianza di quale sia stato l’utilizzo ultimo del manufatto, così rimodulato e rabberciato.

 Queste operazioni sembrano, di fatto, il risultato conseguente a una “Damnatio memoriae”, di cui sia andata perfino persa la traccia storica dagli annali.

Damnatio memoriae significa letteralmente "condanna della memoria", ed era nel diritto romano una pena, riservata soprattutto ai traditori del Senato, consistente nella cancellazione di qualsiasi traccia riguardante una determinata persona, come se essa non fosse mai esistita. Molto in voga durante il periodo imperiale; i beneficiari sono stati innumerevoli.  Resta da capire chi fosse questo personaggio e di cosa si sia reso colpevole per suscitare così tanto risentimento,  odio e accanimento?

2 -  Una gioiosa dinastia imperiale

I primi cinque imperatori romani provengono tutti dalla dinastia Giulio-Claudia: Ottaviano Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone. Ma nel gioco delle successioni, come in un risiko, rientrano una molteplice quantità di parenti e di “potenti”, che a una prima lettura possono essere motivo di ubriacatura anagrafica; poi infine diventa tutto romanzo d’appendice, color rosso sangue.

Incastrati nella vicenda vi sono i tre Drusi: Druso Maggiore fratello di Tiberio, Druso Minore figlio legittimo di Tiberio e Druso Terzo, secondo figlio maschio di Germanico, a sua volta figlio di Druso Maggiore. 

Ma andiamo con ordine. Il 4 d.C. Germanico, ormai da tredici anni orfano del padre Druso Maggiore, viene adottato, su disposizione di Augusto, da Tiberio, diventando così il più serio candidato alla successione imperiale. Lo stesso anno vede inoltre l’unione tra Germanico e Agrippina Maggiore, unione da cui sarebbero nati nove figli, due deceduti appena nati, un altro deceduto da infante, e gli altri: Nerone Cesare, Druso Terzo, Gaio Cesare conosciuto anche come Caligola, Giulia Agrippina, Giulia Livilla e Giulia Drusilla.

Il 14 d.C. muore Augusto e Tiberio, che ha già 56 anni, diventa il nuovo imperatore di Roma. Il 19 d.C. Germanico, che si trovava ad Antiochia, si ammala e muore, non prima di aver confessato ad Agrippina Maggiore, la fedele moglie che lo seguiva sempre nelle campagne al fronte, la propria convinzione che era stato fatto avvelenare da Tiberio; probabilmente per favorire il figlio legittimo Druso Minore nella successione al trono. Intanto, nel gioco politico delle successioni, avanza la propria candidatura il potente prefetto Seiano, amico e consigliere di Tiberio, che decide intanto di colpire il successore diretto Druso Minore corteggiandone la moglie Livilla fino a portarla all’adulterio e corrompendo Ligdo lo schiavo fedele di Druso Minore che somministra al suo padrone un lento veleno che lo porta infine alla morte nel 23 d.C.. L’imperatore Tiberio si trova quindi costretto a cercare il proprio successore tra i figli di Germanico, ma Seiano, assetato di potere, è ancora li pronto a colpire il prossimo erede.

  Infatti dal 26 d.C. tutta la famiglia di Germanico inizia ad essere perseguitata da Seiano con la complicità del mandante Tiberio. Nel 27 d.C. Agrippina Maggiore e Nerone Cesare (non il futuro imperatore), suo primogenito, sono accusati di tramare contro Tiberio. Il prefetto Seiano riesce anche a convincere anche il secondo figlio di Agrippina Maggiore, Druso Terzo, istigando la sua invidia verso il fratello Nerone, favorito della madre Agrippina, a rivoltarsi contro di essi.  

Nel 29 Nerone e sua madre Agrippina Maggiore furono processati, imprigionati ed esiliati. Nei primi mesi del 31 Nerone Cesare muore, forse  suicidato da Seiano. Tiberio, nomina quindi Druso Terzo suo erede, ma  ciò non basta a salvare il giovane dalla furia omicida del ministro, deciso a eliminare con ogni mezzo tutti gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione dei suoi progetti. Seiano usa ancora una volta l'arma della corruzione, e la sua nuova vittima è Emilia Lepida la moglie di Druso Terzo. Emilia, cedendo alle lusinghe di Seiano, accusa il marito d'ogni misfatto e nefandezza, compreso un tentativo di sommossa armata. Druso viene arrestato e condannato sotto pesanti imputazioni, raccolte da alcune spie che avevano avuto l'incarico di seguire i suoi movimenti, di ascoltare i suoi discorsi e di registrarli in un apposito diario. C'erano in quel diario tutte le sue imprecazioni contro Tiberio, le accuse feroci e l'invocazione agli dèi perché facessero pagare al mostro (Tiberio) tutti i suoi delitti. Druso Terzo, nel 33, ancora imprigionato, nelle cantine  del palazzo imperiale sul Palatino, viene lasciato senza cibo. Al nono giorno di digiuno, dopo aver tentato di sopravvivere divorando perfino il crine del pagliericcio, la sua fibra cede e non scampa alla morte. Dopo la sua morte Tiberio fa esporre il suo corpo in pubblico e infierisce senza alcuna pietà contro il defunto, presentandolo come un depravato sessuale, carico d'odio verso i suoi e pericoloso nemico dello stato. Non si ha certezza della pronuncia di damnatio memoriae in quella drammatica circostanza, ma la violenza e la cattiveria del gesto compiuto da Tiberio suscitano qualche sospetto in proposito. Basti sapere, come racconta Svetonio, che i resti del giovane furono talmente dispersi, che sarà un’impresa, in seguito, poterli raccogliere. Bisogna considerare inoltre che qualche resoconto, da parte degli storici, contemporanei alla vicenda, è andato perduto.

Sarà solo l’intervento illuminato e coraggioso di Antonia Minore, vedova di Druso Maggiore e nonna di Druso Terzo, che riuscirà nell’arduo compito di fare rinsavire il crudele sanguinario e ormai rimbambito imperatore Tiberio, fare perseguire e condannare il disonesto e corrotto prefetto Seiano, e salvare così l’ultimo figlio di Germanico, Caligola, da quella insensata carneficina.

3 – Damnatio memoriae, Drusus!

Il busto ka792, che è attualmente esposto presso il museo di Centuripe, potrebbe essere un ritratto di Druso Terzo, il figlio di Germanico, ucciso a soli 25 anni, con crudeltà e disprezzo da Tiberio, e di cui è difficile trovare confronti e riscontri. 

Nella ritrattistica romana Druso Maggiore è molto presente e ne conosciamo l’acconciatura e le caratteristiche somatiche. Dei tre figli maschi di Germanico, Nerone Cesare, Druso III e Caligola, sappiamo quasi tutto; ma solo Caligola vanta un repertorio molto numeroso di ritratti scultorei. Difatti fu il terzo imperatore, succedette a Tiberio, quindi i suoi ritratti sono ovviamente numerosi. Degli altri due figli di Germanico, considerata anche la sorte alla quale andarono incontro per volontà di Tiberio, abbiamo un numero irrisorio di ritratti. Sappiamo che i tratti somatici di Nerone Cesare, soprattutto il naso erano simili al padre, Germanico, e la faccia era decorata da una barba appena accennata sul perimetro del volto.

Uno splendido ritratto marmoreo in eccezionale stato di conservazione, attribuito a Druso Germanico, è esposto al Museo Nazionale di Copenhagen. Fu ceduto al re di Danimarca da Monsignor Capece Latro, arcivescovo di Taranto, ecclesiastico antiborbonico, che si concedeva il lusso del collezionismo. Provengono,  assieme ad un altro ritratto attribuito a Germanico, anch’esso in eccezionale stato di conservazione, da Taranto; furono rinvenuti con tutta probabilità nell’area dell’anfiteatro, che giace ancora sepolto. Non a caso, i due bei ritratti di principi, sono esposti a Copenhagen l’uno accanto all’altro.

Un altro busto, attribuito a Druso III, si trova a Grosseto presso il museo archeologico e d'arte della Maremma, proveniente dall’area archeologica di Roselle.

 I due ritratti di Copenhagen e di Grosseto, attribuiti entrambi allo stesso personaggio (Druso Germanico o Druso III), oltre a non somigliarsi per niente, sembrano descrivere personaggi in età più matura. Non bisogna dimenticare che gli ultimi tre anni di vita, per Druso III, sono stati una tribolazione; quindi gli eventuali ritratti, che lo rappresentino, dovrebbero risalire al 28-31 d.C. e dovrebbero descrivere il volto di un giovane poco più che ventenne.

Queste attribuzioni un po' forzate, sono la conferma della difficoltà di individuare il vero volto di questo sventurato giovane.

Dei due ritratti di Copenhagen, inoltre, quello attribuito a Germanico ha  le caratteristiche somatiche che lo avvicinano, vedi il naso, al volto di Agrippina Maggiore; quindi il ritratto di Copenhagen attribuito a Germanico potrebbe in realtà raffigurare non il padre ma il figlio Druso Terzo.  

Dall’accostamento e dal confronto tra il busto centuripino ka792 e questo ritratto di Germanico proveniente da Taranto, si può cogliere con evidenza che tratti e particolari sono interessanti per la similitudine delle fattezze e per le caratteristiche delle esecuzioni.

Anche Bonacasa sosteneva che il ritratto centuripino, per le caratteristiche e lo stile, poteva essere accomunato ai due ipotetici ritratti di Germanico a Copenhagen.

Da esperienze virtuali, procedendo con martellate digitali sul volto “tarantino” di Germanico e sottraendo da quel volto i medesimi tratti somatici che nel volto centuripino sono andati distrutti, se ne ricava una incredibile somiglianza; i tratti della bocca denotano la medesima espressione, la fronte la stessa ampiezza, i bulbi oculari la medesima forma, gli zigomi e la muscolatura facciale parlano la stessa lingua.  

Recenti tesi ritengono che la ritrattistica giulio-claudia centuripina sia indubbiamente contemporanea ai personaggi raffigurati e quindi da collocare alla prima metà del I secolo d.C.; se consideriamo le splendide condizioni nella quale sono arrivati sino a noi i ritratti “centuripini” di Augusto, Germanico e Druso Minore, come potrebbe spiegarsi, altrimenti, lo stato pietoso in cui è ridotto il ka792 ?

Sarebbe impensabile massacrare a martellate un ritratto a meno che non ci siano motivi di forma maggiore. Quindi se ne desume che il ritratto raffiguri Druso Terzo (o al limite un analogo destinatario di damnatio memoriae),  e che in seguito alla sua condanna a morte e l’impietoso accanimento postumo dell’imperatore Tiberio, il ritratto sia stato oggetto di particolari attenzioni (martellate) per cancellarne i tratti somatici e reimpiegato come pietrame da costruzione.

Incredibile comunque che, malgrado la cattiveria di cui è stato vittima, i detrattori e tutte le forme di disprezzo subite dalla persona raffigurata, questo ritratto sia ancora qui a raccontare la sua storia, ed essere testimone del suo tempo e dei nostri giorni.

                                                                                           Enzo Castiglione

Breve bibliografia:

-          Bonacasa Nicola – Ritratti Greci e Romani della Sicilia, 1964 – Palermo;

-          Boschung Dietrich - Gens Augusta, 2002;

-          Publio Cornelio Tacito - Annales

-          Gaio Svetonio Tranquillo – Vita dei Cesari III - Tiberio

-       Spinosa Antonio - Tiberio. L'imperatore che non amava Roma - Arnoldo Mondadori Editore 1985;

-        Portale Elisa Chiara, Un contributo “palermitano” al ciclo giulio-claudio di Centuripe – Mare Internum 2020 – Fabrizio Serra Editore;

-       Di Franco Luca - L’Arcivescovo Capece Latro e l’antico: collezionismo e ricerca antiquaria nella Taranto di fine Settecento – Atti Convegno 2019;

-        Fabbrini Laura – Il ritratto giovanile di Tiberio e la iconografia di Druso maggiore, 1964 - Bollettino d’Arte IV Serie;