martedì 15 agosto 2017

Il tempo, un tempo. L’orologio solare del Museo di Centuripe

Il tempo, un tempo.
L’orologio solare del Museo di Centuripe


L'unico testo sull'architettura giunto integro dall'antichità è il trattato latino De architectura, scritto da Marco Vitruvio Pollione intorno al 15 a. C.. Al libro IX, capo VIII, Vitruvio disquisisce, tra altri argomenti, di elementi di gnomonica  (realizzazione dell'analemma, orologi solari e ad acqua).
La gnomonica è la materia scientifica che studiando la traiettoria del sole all'orizzonte, utilizza queste conoscenze per dividere l'arco diurno, mediante proiezioni su diverse superfici. Questa scienza è stata quindi indispensabile per la progettazione,  la costruzione e il perfezionamento degli antichi orologi solari. L’evoluzione dell'orologeria meccanica nel secolo XVII, comportò il decadimento della gnomonica, si arrivò a dimenticare completamente tale scienza, quando, a seguito delle ricerche archeologiche, riapparvero talmente tanti orologi solari da ridestare la curiosità degli studiosi. Vitruvio, nella sua opera, descrive in un elenco, gli orologi solari comunemente usati alla sua epoca, cioè duemila anni fa.
In questo caso, concentreremo la nostra attenzione sugli orologi solari denominati Hemicyclium. Grazie ai ritrovamenti archeologici avvenuti nel XVIII secolo, è stato possibile chiarire la natura di questo strumento, il suo funzionamento, la sua storia e a dimostrare la descrizione fatta da Vitruvio. Il primo hemicyclium fu ritrovato in Italia nel 1741, sulla collina del Tuscolo, 10 chilometri a sud-est di Roma; l’astronomo Boscovich, che si trovava per caso presso gli scavi, lo salvò da distruzione certa, ne pubblicò nel 1746 la notizia e l’assonometria;
Boscovich, Giornale dei Letterati, 1746

grazie ai suoi studi fu resa finalmente chiara la frase di Vitruvio "Hemicyclium excavatum ex quadrato, ad enclimaque succisum...". L’hemicyclium non è altro, quindi, che una pietra quadrata scavata in forma di sfera all’interno sulla faccia anteriore e tagliata sotto di un angolo pari alla latitudine del luogo.
Da allora sono stati ritrovati, durante le ricerche, centinaia di emicicli e si è scoperto che essi adornavano le strade di Pompei, di Ercolano e di altre importanti città dell’impero, anche se il sapere gnomonico i romani lo ereditarono solo gradualmente dall’antica Grecia. Un curioso avvenimento riguarda un certo console Valerio Massimo Messala; all’inizio della prima guerra punica, nel 263 a.C., egli si appropriò di un orologio solare greco installato a Catania, lo portò a Roma come bottino di guerra e lo fece installare sul frontone del Comitium, ma ignorava che l’orologio, essendo calcolato per la latitudine di Catania, non poteva funzionare bene a Roma. Plinio il vecchio sostiene che i Romani, che erano completamente a digiuno di questa scienza, per 99 anni seguirono l’orario dei catanesi, fino a quando, nel 164 a.C.,  ne fu installato uno per la diversa latitudine di Roma.
Gli hemicyclium erano di certo gli orologi solidi più noti nell’antichità e risalivano, probabilmente, alla fine dell’età greca classica. Un buon esemplare, di tipo sferico, si trova presso il Museo Archeologico Regionale di Centuripe. 



Il “nostro” orologio, N° Inv. KA 825,  faceva parte della ex collezione comunale, ormai transitata al demanio della Regione Siciliana, dopo un interminabile iter che si è concluso con la firma di un usufrutto il 14 maggio 2015. La provenienza è incerta, forse l’area dell’antico foro centuripino. E’ in pietra calcarea con sovradipintura su quattro dei sei lati,  che gli conferisce un piacevole aspetto policromo. Il colore rossastro, presente sulla meridiana, è molto simile alle lettere incise su alcune epigrafi dedicatorie, provenienti dagli augustales e alla traccia di colore che ricopriva l’intonaco della base del fusto di una colonna, ancora oggi visibile nel  sito. 



 Inoltre è da notare che anche le incisioni sull’emiciclo conservano in profondità tracce del medesimo colore rosso. 


Le dimensioni di questa meridiana sono:
-        Alzato posteriore 235 mm, alzato anteriore 237 mm;
-        Dimensioni base di appoggio: larghezza 290 mm, profondità 125 mm;
-        Dimensioni alla sommità: larghezza 290 mm, profondità 185 mm;
-        Diametro dell’emiciclo 245 mm;

L’emiciclo, che è la parte cava, è suddiviso in 12 parti da 11 linee incise che si dipartono dal punto centrale in alto, laddove era collocato lo gnomone; il cosiddetto gnomone era un indicatore orizzontale, direzionato a sud, la cui ombra proiettata sul quadrante, indicava l’ora. Le undici linee che suddividono il quadrante in ore, a loro volta, sono attraversate da tre linee incise ad indicare i solstizi e l’equinozio. 

Il semicerchio del quadrante è incorniciato da una fascia a rilievo, il lato posteriore verticale è liscio e privo di colore. Sulla faccia superiore, danneggiata nella parte centrale, si possono scorgere linee incise, che determinavano sicuramente la lunghezza dello gnomone e la posizione della relativa punta.

Questo antico strumento si può confrontare con diversi esemplari diffusi soprattutto in epoca ellenistica tra III e II secolo a.C., ritrovati in tutta l’area del mediterraneo, di cui citiamo per sintesi quello rinvenuto nel 1891 presso l’antica Lanuvium (città gemellata con Centuripe) oggi al British Museum; anche se il committente e la realizzazione del manufatto centuripino potrebbero attestarsi ad un periodo più recente.


Hemicyclium da Lanuvium,1891. Oggi al British Museum

Il funzionamento dell’orologio era molto semplice, se era presente la luce del sole. L’ora 1a sul quadrante aveva inizio con il sorgere del sole, tra le sei e le sette del nostro giorno solare, l'ora 6a sul quadrante corrispondeva pressappoco a mezzogiorno e alla 12a ora corrispondeva il tramonto. Non dobbiamo dimenticare che viviamo su un pianeta che ruota come una trottola. Anche allora la lunghezza delle ore del giorno e della notte differivano tra loro e variavano durante l'anno. Le ore diurne e quelle notturne erano uguali solo due volte l’anno, durante gli equinozi. Al solstizio d’inverno le ore diurne erano più corte mentre al solstizio d’estate, le ore diurne si allungavano.  Bisogna considerare che nell’antichità le condizioni di vita e la mentalità erano molto diverse dalle nostre, erano assenti gli strumenti di precisione, l’indicazione approssimativa del tempo e delle ore che passavano avevano un’importanza relativa.
 Paradossalmente l’uomo moderno, che può controllare, grazie alla tecnologia, anche i millesimi di secondo della propria vita, è oggi preda del tempo che non ha mai;  mentre gli antichi che si sforzavano di misurare e controllare il tempo con ogni mezzo, anche se approssimativo, a loro di tempo ne avanzava sempre e non sapevano cosa farsene.
Enzo Castiglione

N.B.: Considerato che l’argomento potrebbe occupare tempi infiniti, chiunque abbia la volontà e il tempo, perché sempre di tempo si tratta,  e volesse approfondire l’argomento, può utilizzare l’elenco seguente.

Breve bibliografia di riferimento:
-        Collura F. 2014, Nota sul ritrovamento di una meridiana greco-romana sulla collina di Caronia.
    Abstract  Academia.edu: https://www.academia.edu/6142922
-        La misura del tempo a Morgantina. Un orologio solare dal thesmophorion di San Francesco  
         Bisconti, di Laura Maniscalco – da Morgantina duemilaequindici. La ricerca archeologica a 
         sessant’anni dall’avvio degli scavi. https://www.academia.edu/23868104
-        S.L. Gibbs, Greek and Roman Sundials. 1976
-        Marco Vitruvio Pollione, De Architectura,  libro IX,  capo VIII – elementi di gnomonica
-        Nicola Severino - Nuovi quadranti solari di epoca romana, Gennaio 2009
-        Gian Carlo Pavanello - Aldo Trincherò – Le meridiane storia, funzionamento, costruzione di un 
         orologio solare, De Vecchi editore – Milano 1996

Web:
-        http://www.nicolaseverino.it/
-        http://www.lineameridiana.com/
-        https://marnaldi.wixsite.com/amarte/gnomonica
-        http://www.cortinastelle.eu/
-        https://it.wikipedia.org/wiki/Gnomonica    

1 commento:

  1. Manca qualche citazione al testo, come la mia Storia della Gnomonica, o il mio articolo 2000 anni di Meridiane su Nuovo Orione del 1992 nel quale compare per la prima e unica volta il riferimento all'opera di Boscovich da me scoperta. Infine il De Monumentis Gnomonicis apud Graecos et Romanos (2005), che è la mia opera di maggior rilievo sull'argomento specifico. Grazie dei riferimenti in bibliografia.

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