venerdì 16 dicembre 2022

La collina e il federale

 

La collina e il federale


1 – La collina

La collina centuripina su cui sorge la chiesetta dedicata a San Nicola, rappresenta la parte terminale della città di Centuripe in direzione sud - ovest. Oggi si presenta in modo parecchio appariscente, per via della notevole struttura edilizia, sulla parte terminale, che nel corso dell’ultimo secolo  si è sviluppata accanto e tutt’intorno alla chiesetta, celando quest’ultima alla vista.

Filippo Ansaldi ci fa sapere che la parte terminale della collina, sulla sommità, ospitava  all’inizio dell’ottocento il camposanto, e che il quartiere era quindi stato nominato “del camposanto”. In un precedente post “La chiesa, le cripte e l’ospite illustre” abbiamo già avuto modo di vedere che Don Giovanni Luigi Moncada aveva fatto donazione al Comune di dieci salme di terre, tutt’attorno al monte su cui si innalza la chiesa di San Nicola. Aveva fatto costruire a proprie spese un Camposanto, contiguo a detta chiesa, del quale fu ordinata l'apertura il 1 ottobre 1817, e che quindi fu benedetto ed aperto il 15 marzo 1818; aveva fornito inoltre, per il funzionamento e la cura del camposanto, anche una rendita annuale. Nella planimetria redatta, qualche decennio più tardi dall’Architetto Bonaventura De Marco, per il catasto borbonico, si legge chiaramente dove si trova allocato a quei tempi il camposanto a Centuripe. Anche l’Ansaldi annota la posizione del camposanto nella sua bozza planimetrica dell’abitato centuripino allegato al testo del tomo secondo.

Arch. Bonaventura - Catasto borbonico

La planimetria catastale di fine ottocento, infine, riassume le strutture edilizie che erano state realizzate accanto alla chiesa di San Nicola e che nel tempo erano state utilizzate come camera mortuaria, alloggio per il custode o spazi comunque di asservimento per le attività cimiteriali e religiose. Ma, quando fu redatta questa mappa catastale, il camposanto lì non era più in uso, era stato realizzato ed era entrato in funzione l’attuale cimitero.

Panimetria catastale fine ottocento

L’aspetto e l’interesse archeologico di questa collina viene segnalato più volte dall’Ansaldi già nei testi delle sue ricerche: “Rimarchevoli son pure gli avanzi, che si osservano nelle terre censite del Camposanto, dalla parte d'oriente al­lorché furono verso il 1820, dissodate per piantarle a vigne, si rinven­nero avanzi di antiche fabbriche, che in parte tutt'ora si osservano, varii pezzi di musaico, e diverse reliquie di statue di marmo, e fra que­ste una testa e nove mani tutte sinistre, che furono vendute ad uno straniero.” Ed anche le ricerche archeologiche più recenti o i bisbiglii dei tombaroli hanno rivelato interessanti tracce sia di insediamenti antichi che di notevoli sepolcri nell’area di San Nicola o nelle pendici limitrofi e sottostanti.

                    

                            Vista pittorica di Centuripe (Royal Inniskilling Fusiliers) 

Le ultime tracce di eventi storici sulla collina appartengono alla seconda guerra mondiale. Questa collina denominata sulle carte militari “church 708” è stata una delle roccaforti centuripine del 3° Reggimento “Fallschirmjäger” tedesco, che, tra la fine di luglio e il 2 agosto ’43, ha tenuto sotto scacco, per giorni, l’area a sud della città e la rotabile che sale da Catenanuova, bloccando così l’avanzata di otto battaglioni della 38a brigata inglese; malgrado pochi giorni prima, il 28 e il 31 luglio, anche questa collina, come il resto della città, fosse stata letteralmente sbranata dai bombardamenti ad opera dei Martin a30 Baltimore della NATAF, devastando la città e prelevando un alto tributo di sangue innocente.


2 – Il federale

Pietrangelo Mammano nasce a Centuripe il 4 maggio 1906, è l’unico figlio del Cav. Salvatore e di Maria D’Amico; Salvatore in seguito sposerà, dopo la morte della prima moglie, la di lei sorella Anna.

Il nonno, Cav. Pietrangelo (1834-1911?), è un ricco proprietario terriero centuripino, molto religioso, benvoluto e affabile con tutti. Alla sua morte le immense sostanze saranno equamente divise tra tutti i suoi numerosi figli. Ma il nipote Pietrangelo classe 1906, a quanto pare, è l’unico nipote ed erede di questa ricca fortuna; infatti gli zii e le zie sono quasi tutti celibi o senza figli.

Iscritto sin dal 1922 al fascio, aveva poi percorso tutti i livelli di una irresistibile carriera all’interno del partito fascista. Prima come segretario del gruppo universitario fascista, in seguito segretario federale amministrativo; ma la sua personalità violenta e aggressiva si manifestò come massimo esponente del fascismo catanese tanto da essere definito “di gran lunga il peggiore di tutti i gerarchi” “l’implacabile custode dell’ortodossia littoria”. Particolarmente fiero della sua enorme testa pelata che lo faceva rassomigliare a Mussolini, aveva ricevuto l’incarico di segretario federale l’8 gennaio 1937 in sostituzione del precedente segretario Zangàra Vincenzo ed ebbe l’arroganza, addirittura, di prendere a calci l’ottantenne senatore Gesualdo Libertini. Il terrore della via Etnea, schiaffeggiava senza mezzi termini chi, al suo passaggio, non alzasse il braccio teso.

                                  Il segretario federale Pietrangelo Mammano, imitando gli 
                                  atteggiamenti del Duce, arringa i suoi camerati

Mai un gerarca locale fu tanto temuto ed odiato. Le sue interferenze in tutta la pubblica amministrazione creavano continui frizioni tra i vari organi della stessa ed erano intollerabili. Uomo violento, manesco e corrotto, il suo frequente ricorso a vie di fatto contro cittadini indifesi, l'esercizio di potere illimitato e senza regole, la distribuzione capricciosa di cariche, di favori e di prebende, lo rendevano inviso in tutti gli ambienti, compresi quelli dello stesso P.N.F. Nella stanza accanto a quella del suo ufficio, nel palazzo dei Chierici di piazza Duomo, dove aveva sede la federazione fascista, teneva un letto dal quale dovevano passare le mogli dei postulanti, se davvero questi volevano ottenere quello che chiedevano. Tutto ciò era ben noto in città, ma io avevo una fonte privilegiata di informazione: un mio amico e collega di università era impiegato amministrativo negli uffici della federazione fascista e tutte le sere mi aggiornava sulle turpi vicende che si svolgevano nella sede principale del P.N.F. catanese.” (Franco Pezzino - Per non dimenticare)

Burocrate in camicia nera, causò parecchi problemi alle istituzioni ecclesiastiche di Acireale soprattutto per due questioni: gli asili gestiti da religiose e il distintivo di Azione Cattolica. Dava con molta parsimonia l’ordine di cacciare via le suore, sostituendole con alcune signorine della GIL (Gioventù Italiana del Littorio). Come racconta padre Francesco Savia in una lettera indirizzata al vescovo:

“V. Ecc. non ha bisogno di miei consigli, però, creda, sarebbe buono avvisare il Santo Padre sul discorso anticlericale del federale a Linguaglossa che ha incrinato l'accordo tra lo Stato e il Vaticano per avvisare il duce, il quale son sicuro che se non lo manderà a riposo, gli darà una forte tirata di orecchi. Passare sopra l'operato del federale nella nostra diocesi, specialmente con la sostituzione delle suore negli asili di Linera e di Acicatena, come mi ha riferito il mio parroco, sarebbe farlo diventare più tracotante e nocivo alle nostre istituzioni cattoliche.”

 Riguardo all'Azione Cattolica, il vescovo raccontò che in alcune adunate il Segretario Federale, Pietrangelo Mammano, si era permesso di dire che essa era "un residuo del Partito Popolare", quindi bisognava "guardarsene e diffidarne": aggiunse poi che la sede di Azione cattolica era stata prese di mira e si adoperavano vari mezzi.

Un accanimento particolare lo subì lo studente di giurisprudenza Michele Pulvirenti, segretario della Giunta diocesana di Azione Cattolica, per un suo scritto sul periodico diocesano la buona novella,  che il federale aveva volutamente mal interpretato e che comporterà quasi la morte civile per il giovane (senza tessera di partito era compromessa la carriera universitaria e la partecipazione a pubblici concorsi). Chiaramente questo sopruso vendicativo del cinico federale Mammana, nei confronti del fucino Pulvirenti, era palesemente una violenza psicologica verso gli aderenti all'Azione Cattolica acese, diffidati a non prendere iniziative negative verso il regime.

Ma la vicenda relativa alla Banca Cattolica di Caltagirone supera qualunque immaginazione. Il Mammano e lo Zangàra furono attirati dagli eccellenti affari che grazie all’ammasso volontario gravitavano da quelle parti ed i tentativi, leciti ed illeciti, di metterci le mani sopra furono la goccia che fece traboccare il vaso. L’obbiettivo dichiarato era quello di estirpare l’ultima radice di Don Luigi Sturzo da Caltagirone, l’effetto ottenuto invece fu quello di essere defenestrati dalle loro funzioni, in quanto avevano agito arbitrariamente e stupidamente, recando un grave danno non solo alla vecchia banca ma anche al regime. 

Mammano fu destituito dalla carica Il 19 dicembre del 1939, dopo il siluramento del segretario nazionale del P.N.F. Achille Starace. La caduta di Mammano fece tirare un sospiro di sollievo ai catanesi che della sua prepotenza proprio non ne potevano più. Il 25 gennaio 1940 gli veniva ritirata anche la tessera fascista, con la seguente motivazione: “Nell’esercizio delle sue funzioni che gli derivavano dalla sua carica politica, si rendeva immeritevole di militare nei ranghi del P.N.F.

Il 24 agosto 1942, Mammano rimase vittima di una disgrazia; durante un allarme aereo, si trovava nella sua autorimessa dove aveva accumulato riserve di benzina illegalmente accaparrata in violazione delle norme sul razionamento. L’accensione di un lume, a seguito degli oscuramenti, provocò un violento incendio che causò all’ex federale gravissimi ustioni. La morte lo colse qualche giorno dopo.

Il federale Mammano fu reso famoso, dopo la sua morte, dagli scritti di Vitaliano Brancati e principalmente dal racconto Il bell’Antonio, pubblicato nel 1949, dove non è difficile cogliere nel federale Pietro Capàno  episodi di cui Pietrangelo Mammano  era stato protagonista. 


3 – L’ente morale

Sulla collina intanto gli angusti locali, adiacenti la chiesetta di San Nicola, dopo la dismissione del camposanto, erano stati utilizzati come aule scolastiche; nel 1932 diventano argomento di discussione per la creazione di un ospizio.

Negli anni precedenti, ai poveri e derelitti di Centuripe, aveva pensato mastro Luciano Cacia, un centuripino che della carità aveva fatto una propria missione di vita; egli aveva messo a loro disposizione gratuitamente un piccolo alloggio con un paio di stanze, di cui era proprietario. La missione civile di mastro Luciano aveva commosso e ispirato il Can. Antonino Mammana, che individuò, negli angusti locali del comune, presso la chiesa di San Nicola e nella fattibilità di fare gestire un ospizio per i poveri, alle suore bocconiste di Palermo, la possibilità di dare un aiuto significativo alle fatiche di mastro Luciano.

Ne parlò con il Podestà, Geom. Cav. Bonomo Giuseppe, che a sua volta, accogliendo la lodevole iniziativa, accettò di donare quei locali comunali e l’area dell’ex camposanto per la organizzazione di un ospizio di mendicità per i poveri. Era un primo piccolo ma significativo passo. Il 5 giugno 1932,  giunsero da Palermo quattro Suore Bocconiste, accompagnate dal Can. Mammana, che si insediarono nella modesta ed angusta casa; i primi poveri ad essere trasferiti a San Nicola e a  ricevere le loro cure furono proprio quelli di  mastro Luciano. Ad essi si aggiunsero presto altri mendicanti, uomini e donne. Gli anni immediatamente a seguire furono caratterizzati da mille difficoltà; gli spazi in quei locali erano insufficienti, il cibo e i mezzi di sussistenza scarseggiavano, mentre le richieste di assistenza e ricovero aumentavano.

La svolta sul futuro dell’umile ospizio arrivò subito dopo la fatidica data dell’agosto del ‘42. Un  tragico lutto, come abbiamo saputo, si era abbattuto sulla famiglia del cav. Salvatore Mammano. L'unico figlio, Pietrangelo, il federale, era morto tragicamente all'età di 36 anni. Tutta la famiglia Mammano era rimasta sconvolta dall'immatura scomparsa dell'unico erede d'immense sostanze. Si poneva il problema della successione delle proprietà e dei beni;  alla fine Prospero convinse i propri fratelli Salvatore, Antonino, e le proprie sorelle Rosaria, Antonietta e Graziella a donare tutti i loro beni all'Ospizio di S. Nicola in Centuripe.

Le disposizioni testamentarie dei fratelli Mammano furono nella sostanza identiche; lasciarono la nuda proprietà dei loro beni immobili all'Ospizio di San Nicola, riservandosi per sé e per i propri congiunti, fino alla morte, l'usufrutto. Lo scopo di queste generose donazioni fu l'istituzione a San Nicola di una Pia Opera, intitolata  allo sfortunato federale:« Fondazione Pietrangelo Mammano - D'Amico ».

Il clero e la nuova classe politica improntata alla fede cristiana che, da quel federale, tante bastonate avevano ricevuto, a fronte del pesante fardello di disperazione dei congiunti del Mammano e soprattutto dei loro denari, avevano accettano subdolamente di tenersi a ricordo perenne proprio quel personaggio i cui comportamenti estremi furono non solo causa di danni morali, umiliazioni, dolore e disperazione per un numero infinito di uomini e donne, ma motivo perfino di una defenestrazione da quella organizzazione che lo aveva reso per anni potente e intoccabile. La nemesi della storia capovolta dalla nemesi del denaro.

Secondo i testamenti, le finalità della Fondazione dovevano essere l’ampliamento e gestione immediata e perpetua dell'attuale Ospizio di mendicità di Centuripe, la costruzione di un orfanotrofio, di un ospedale medico-chirurgico e di un asilo per incurabili deformi e deficienti di mente, in Centuripe.

La  Fondazione inoltre veniva affidata al Pio Ordine religioso, Serve dei Poveri, e Prospero Mammano veniva designato Presidente a vita dell'Amministrazione e Direttore tecnico per la costruzione dell'Orfanotrofio ed altro da eseguirsi dalla Fondazione.

Il Prefetto di Enna, allo scopo di rendere la Fondazione partecipe dei benefici assistenziali previsti dalla legge, nominò provvidenzialmente Commissario prefettizio, il 18 febbraio del 1946, il medesimo comm. geom. Prospero Mammano; fu realizzata la prima ala ad est del complesso edilizio e furono costruiti tre grandi saloni-dormitorio.

Catastale anni '60 - Ala est del complesso

Con decreto del 27 settembre 1950, n. 171, il Presidente della Regione, Franco Restivo, elevava ad Ente Morale la « Fondazione Pietrangelo Mammano - D’Amico », rinfrancando, in questo modo, anche il nome del federale di quell’integrità morale che esso non aveva coltivato in vita.

Negli anni a seguire, altre donazioni di aree, da parte del Comune, consentirono la edificazione degli altri locali ad ovest e a sud della terrazza, fino all’ottenimento del notevole  complesso edilizio che è possibile ammirare oggi. Paradossalmente le donazioni  del Principe di Paternò Giovanni Luigi Moncada al comune di Centuripe, perfino la sua tumulazione dentro la chiesetta di San Nicola, sono ormai svaniti. Però al comune rimane il compiacimento di due posti di minoranza nel consiglio di amministrazione della Fondazione.

L’ente morale, intanto, può darsi che continui a perseguire gli scopi prefissati dal lascito testamentario; ma dentro non ci sono più i poveri, non ci sono gli orfanelli, non c’è l’ospedale medico-chirurgico, non c’è mai stato; forse il federale, a sua insaputa, anche questa volta ha fatto una vittima.  

Enzo Castiglione


Breve Bibliografia di riferimento:

-       -   Ansaldi Filippo – Memorie storiche di Centuripe – Edigraf, 1981

-          -    Libertini Guido - Centuripe  - Città aperta,1926

-          -    Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n.8 1940

-          -    Annali del fascismo – febbraio 1940

-          -    Vitaliano Brancati - Il bell’Antonio - Bompiani, 1949

-          -    Chilanti Felice  - Ma chi è questo Milazzo? – Parenti editore,1959

-          -    Mammana Salvatore – Cenni storici sulla Pia Opera, 1965

-          -    Gallo Concetto memorie 1974

-          -    Nicolosi Pietro - 50 anni di cronaca siciliana  - Flaccovio, 1975

-          -    Pezzino Franco - Per non dimenticare  - C.U.E.C.M., 1992

-          -     Saporita Felice – Eia, eia, eia, alalà! : Acireale nel ventennio fascista - Acireale : Accademia degli zelanti e dei dafnici, 2010

-          -    Milazzo Nino – Acireale nel ventennio fascista, 2010

-          -    Pagano Maria Chiara – Il fascio e la croce. Clero e classi dirigenti ad Acireale fra le due guerre – Lulu, 2012


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