Un’antica struttura da decifrare
Nell’agosto del 1996 a Centuripe presso un cantiere per la costruzione di un edificio per civile abitazione in via M. Rapisardi, lo sbancamento dell’area fu interessato da una frana causata da un acquazzone estivo e dal successivo dilavamento della pendice soprastante il cantiere.
Nell’immediato sopralluogo congiunto che ne seguì, del comune e dei proprietari, si poté constatare che i resti affioranti erano sicuramente elementi strutturali di notevole interesse archeologico. Ad una decina di metri di alzato, dalla quota stradale antistante, si distinguevano chiaramente due archi in mattoni che si aprivano nella roccia. Il notevole dislivello e la distanza, dal punto di osservazione, non ne consentirono, però, una immediata ispezione ravvicinata. Ovviamente, finché l’edificio in costruzione non salì di quota non fu possibile avvicinarsi, si tenne però in debita considerazione il costante monitoraggio dell’area. Nei primi di dicembre del medesimo anno, finalmente si erano create le condizioni per esaminare da vicino la struttura. La Soprintendenza di Enna era stata, sin da agosto, avvisata e coinvolta negli avvenimenti legati alla rivelazione fortuita del manufatto. Infine, l’intervento della Sezione Beni Archeologici della Soprintendenza, supportata dal comune in un sopralluogo congiunto, il successivo 23 dicembre, permise finalmente una osservazione ravvicinata della struttura che si attestava sicuramente in età ellenistico-romana.
2 – Breve descrizione
L’arco in mattoni a sinistra, per chi osservava, celava la presenza di un forno la cui apertura di circa 45 cm. sul fronte esterno, consentiva di scrutarne la camera interna. Il piano d’appoggio, all’interno del forno, aveva un diametro di circa un metro e sessanta e si presentava in condizioni ottimali con la base perfettamente liscia, livellata ed integra, così come tutta la struttura nel suo insieme. La calotta sferica del forno era alta al centro circa un metro; al centro della sommità e, in basso, sulla parete verticale erano ben visibili bocchettoni in terracotta che, attraversando lo spessore dei muri, consentivano al calore prodotto, quando il forno era in uso, di sfiatare, di irradiarsi o di essere ventilato da quelle parti.
Nell’area
immediatamente antistante, a quota inferiore di circa 90 cm rispetto al piano
del forno, sopravviveva la striscia di un pavimento e su di esso si trovavano
accumulati frammenti di intonaci di vari colori.
L’arco
in mattoni a destra, leggermente più stretto, occludeva una galleria di
servizio, larga circa mt. 1,20, di cui non si riusciva a scrutare l’intero
sviluppo; il tratto visibile, sulla parete a sinistra ed a una quota più
alta rispetto al piano di calpestio
della medesima galleria, era percorso da un alveo largo circa mezzo metro nella
quale erano alloggiati in sequenza enormi tegoloni, lunghi 86 cm. e larghi cm. 0,41/0,31,
nella quale doveva in origine scorrere acqua; sulla medesima parete era visibile
il bocchettone che si dipartiva dal forno adiacente.
3 – Ipotesi e congetture
Quindi un impianto per produrre calore, accostato ad una galleria per la presa dell’acqua scavata in perpendicolare nella collina retrostante, ed una condotta per addomesticare le acque. Queste notevoli e interessanti strutture, che risultano posizionate, come in un gioco ad incastro, tra ambienti posti alle quote più diverse, si prestano però a diverse ipotesi di destinazione d’uso: una fornace da vasaio? Un impianto di riscaldamento appartenente ad una ricca dimora o ad un modesto edificio termale? O semplicemente un forno da panificio accessoriato?
Ipotesi
1- La fornace di un ceramista, ha caratteristiche costruttive molto diverse,
rispetto a questa tipologia di forno. La fornace del vasaio, oltre ad essere
considerevolmente più grande, deve necessariamente avere la camera di
combustione in basso, ed il piano di posa è una vera e propria griglia che
permette alle elevate temperature di essere permanentemente quasi a contatto con i
manufatti in argilla da cuocere.
A
Centuripe l’alto numero di fornaci ellenistiche ha contribuito alla fama delle
terracotte centuripine. Le fornaci dei vasai erano inoltre dislocate ai margini
dell’abitato, raggruppate in veri e propri quartieri artigianali.
Ipotesi 2 - Il praefurnium era un grande forno in cui si produceva aria calda ad altissima temperatura e serviva a riscaldare l'ipocausto; inventato dai greci ma perfezionato dai romani, era un sistema di riscaldamento ad irradiazione che consisteva nel fare circolare aria calda nelle intercapedini dei pavimenti e delle pareti degli ambienti da riscaldare. Solitamente l’ipocausto era a diretto contatto e quasi sempre alla medesima quota del praefurnium.
In questo nostro caso sono presenti solo due bocchettoni in terracotta, dal diametro di
circa una decina di centimetri. L’unico bocchettone al centro della volta difficilmente avrebbe potuto soddisfare un ipocausto di qualche ambiente
soprastante il forno. Altrettanto difficilmente un solo bocchettone avrebbe
potuto scaldare l’acqua, che scorreva nella condotta retrostante e che era direzionata
verso gli altri ambienti individuati alle quote sottostanti.
Una
eventuale variante a questa ipotesi, ma non c’è alcun elemento per
convalidarla, potrebbe essere la presenza nella parte posteriore o nascosta
della struttura, di una riserva d’acqua che consentiva all’acqua di sedimentare
e, a contatto con il forno, di essere scaldata prima di scaturire nell’edificio
sottostante. Un vero e proprio boiler.
Ipotesi
3 - Forse l’ipotesi più plausibile, per queste strutture a prima vista
enigmatiche, è quella di un forno
domestico o pubblico per la produzione di pane e l’approvvigionamento, a fini privati
o pubblici, di acqua, attraverso una sorgente d'acqua captata nella roccia.
In questo caso i due soli bocchettoni visibili nel forno
sarebbero serviti, in basso, a ventilare la fiamma ed, in alto, a consentire la
fuoriuscita dei fumi durante la combustione del legno e la cottura del pane.
4 – Indagini ulteriori
Il dislivello tra il viale Marconi e il sottostante viale Leopardi sfiora i quaranta metri; diventa pressoché impossibile indagare quel che resta del pendio soprastante gli archi, data la pendenza pericolosa e gli spazi angusti in cui operare. Per avere una qualche ulteriore risposta, le indagini, oltre che indagare la presente struttura in modo più approfondito, potrebbero essere allargate all'area limitrofa a sud, dove sono stati individuati resti di abitato antico, tra cui un tratto di pavimento in cocciopesto, spesso complessivamente oltre 30 cm., ed un antico muro, già visibili nel taglio dello sbancamento dell’area edificata. Questo versante, immediatamente ad ovest della città, era costituito da un pendio con larghe terrazze, come si evince dalle foto panoramiche ed aeree del secolo scorso, che sono poi state sconvolte dagli sbancamenti per la costruzione di nuovi alloggi residenziali; ma, prima di questo importante ritrovamento, era difficile ipotizzare che, a parte la risaputa galleria di attraversamento della città, anche su questo versante della Centuripe ellenistico-romana insistesse una qualche forma di organizzazione urbanistica ed antichi edifici a terrazze. Ulteriori indagini potrebbero concretamente rivelare la destinazione d’uso delle strutture affiorate e le caratteristiche degli edifici antichi presenti su quell’area; una ottima occasione per aggiungere qualche altra tessera alla storia ed alle caratteristiche dell’antica Centuripe.
Enzo Castiglione
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